Impara Twitter con Gianni Riotta

Posted on 17 gennaio 2012

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La particolare natura e conformazione di Twitter espone chi abbia un account alle critiche del primo che passa, considerazione particolarmente rilevante per politici e giornalisti, spesso chiamati a rendere conto pubblicamente di quello che hanno detto o scritto.

Quella che segue è una svelta guida teorico-pratica, mirata alle due categorie, su quello che proprio non bisogna fare quando ci si trova in situazioni simili. Una guida che deve molto a Gianni Riotta, che in qualità di giornalista veramente esperto della rete ha provato a riassumere in una sola conversazione i più comuni espedienti fallimentari, per la gioia dei suoi interlocutori e di chi saprà trarre vantaggio da questi esempi. 

Riotta è una celebrità e anche un veterano di Twitter, tanto che sul social network esibisce uno stile originale, che è stato giustamente notato e analizzato dalla critica. In questo caso il suo autorevole intervento è stato sollecitato da un commento a uno dei suoi tipici articoli, nei quali sostiene che i giornalisti e i giornali sono il bene e tutta l’informazione che gira in rete, e chi la fa girare, sono il male. Posizione non ideale per guadagnare punti-simpatia, quanto perfetta per regalare buonumore a grandi e piccini.

A togliere ogni dubbio su come la pensi, Riotta usa abitualmente l’espressione “citizen dentist” per esprimere il suo disprezzo verso i “citizen journalist“. Negli ultimi tempi ne ha scritti diversi di articoli del genere e a me è venuto da criticare il suo ultimo in ordine di tempo, perché impresentabile fin dalla forma e dalla chiamata in causa della Verità. Ma, com’è facile immaginare, articoli del genere riescono sempre a stimolare l’attenzione di qualcuno, soprattutto di quanti sono critici verso l’attendibilità e la qualità dell’informazione in questo paese.

Nell’articolo, oltre a maneggiare una serie di concetti in maniera maldestra, ha infuso così poca cura da confezionare un prodotto veramente sciatto, infilando una serie impressionante d’errori e non riuscendo a darsi una linea univoca neppure nell’inserire le numerose citazioni con le quali avrebbe voluto impreziosirlo.

Ai giornalisti de La Stampa ultimamente non va troppo bene in rete, nelle stesse ore offrivano un tristo spettacolo altri due suoi cronisti, tanto impegnati a mettere in cattiva luce i No-Tav che alla fine uno di loro è stato investito da uno scandalo, che lo vede accusato di gravi comportamenti, oltre i confini dell’etica e del codice penale. Mario Calabresi, il direttore de La Stampa, aveva promesso pubblicamente una risposta in merito, e poi se n’è dimenticato, mentre altre domande su altri episodi di pessimo giornalismo si accumulavano in rete.

Non parliamo di Sallusti e de Il Giornale, ma di una testata e di un direttore che cercano di coltivare un’immagine di autorevolezza ben diversa da chi invece è punta di lancia di un impero della comunicazione asservito a un leader di partito come Silvio Berlusconi. Per questo ha senso chiedere conto di certe scelte editoriali e per gli errori più marchiani anche se La Stampa, come altri quotidiani, concede ben poca soddisfazione a chi lamenta inesattezze. Tanto che finiscono negli archivi delle edizioni online i refusi più imbarazzanti e gli svarioni più incredibili. Altro che la Verità.

Ma veniamo ora al tutorial, che può cominciare dalla mossa d’apertura di Riotta giocata su un ramo di una discussione che si è sviluppato in una critica personale.

Qui il nostro prova l’entrata in scena “alla Mahatma“, anche se gli riesce piuttosto male. E non solo perché “amo i blog ne ho fatto uno tanti anni fa“, ricorda molto “non sono un razzista, ho avuto un amico negro tanti anni fa” o perché dice che “non serve l’intolleranza” a caso. Pur disinvolto nel ripetere subito la mossa per imprimere la giusta immagine nella mente del lettore con un “non ho detto niente di te” accoppiato a un “provando si riesce anche a discutere mi creda“, non riesce proprio a far presa sugli interlocutori.

Com’è buono Riotta, ma non comportatevi mai così, nemmeno se siete il direttore del New York Times. Lasciate perdere l’apertura alla Mahatma su Twitter, a meno che non siate in grado di camminare sulle acque o non vi chiamiate Justin Bieber. Casi nei quali resta comunque sconsigliata.

Andato a vuoto il tentativo, in assenza di folle plaudenti Riotta sfodera una classicissima combo composta da un: “non parlo con gli anonimi” rinforzato da un “mi avete offeso” e chiusa da un’esplicita offerta di dialogo, la prima di una lunga serie:

Riotta usa spesso l’espediente e lo fa anche qui e anche se qui non sta parlando con anonimi, ma con operatori dell’informazione e della comunicazione abbastanza conosciuti, che su Twitter usano pseudonimi collegati a siti e pagine nelle quali la loro identità è esplicita. Niente che possa scuotere Riotta, che ci ha provato di recente persino con i Wu Ming, sortendo la trovata a scoppio ritardato. Una volta incartato nella discussione ha provato la gag dell’anonimo e non gli è andata bene. Non fatela proprio la gag dell’anonimo.

Quello del “Poi ti rispondo” è un espediente invece collaudato e più praticabile, ma facendo attenzione a non abusarne. Per quanto collaudato, ha un po’ le gambe corte e se ripeti all’infinito che sei disposto a chiarire e a rispondere, senza mai chiarire o rispondere, prima o poi la strategia rivela i suoi e i tuoi  limiti. Riotta, senza curarsene, ha invece sparato subito la seconda offerta di disponibilità:

Attenzione, quando e se adotterete la tattica del Poi ti rispondo” dovete sapere che va interpretata con rigore, perché se poi fornite risposte, anche se limitandovi a quelle che vi sembra possano darvi dei punti, non fate che sottolineare il fatto che ad altre domande, di solito quelle più scottanti, non volete o potete rispondere.

Se poi vi capita, perché proprio non vi trattenete, controllate bene prima di aggiungere un’altra imprecisione facilmente verificabile. Che non vi aiuterà.
Tenete inoltre presente che su Twitter le discussioni sono molto permeabili e così ogni tanto qualcuno può apparire a tirare le fila di certe offerte appena pronunciate:
In questo caso è servito solo a sollecitare la stessa risposta per la terza volta, seguita dalla quarta e dalla quinta a inflazionare irrimediabilmente l’espediente:

Il tutto mentre alcuni facevano domande molto precise o cercavano di finalizzare la sua disponibilità al dialogo, tanto che a un brutocativo come me è venuto un dubbio:
Ecco, se a qualcuno viene un sospetto del genere e lo esterna, e voi non siete entrati da una settimana in rete e non siete minori di dodici anni… NON rispondete mai facendo finta di non sapere cosa sia un troll. Non si può credere, ancora di meno se ad affermarlo è uno che ha appena rivendicato una certa anzianità in rete e che ha scritto decine di lagne contro i disturbatori e “gli anonimi” che gli impediscono di raccontarsela serenamente, come se fosse in televisione o se scrivesse su un giornale.
A questo punto c’è poco di peggio che si possa fare, anche se qualcosa ancora c’è, come dimostra l’inserimento nella discussione, come un fulmine a ciel sereno, della difficile combo composta da due grandi classici, il “ti denuncio” e il mitico “intervento di terzi a supporto”.
Espongo questa ultima parte senza voler assolutamente insinuare che dietro a questi messaggi ci sia Riotta, anche perché è una speculazione relativamente utile a fini didattici. Prima a palesarsi è Claudia2478(1), che al secondo tentativo riesce finalmente a veicolarmi un accrocchio di parole del quale s’intuisce il senso (bizzarro) di un’allusione a un tribunale, che però non si capisce che c’entri.
L’account in questione è stato chiaramente aperto all’occorrenza, da qualcuno che ha pensato di “travestirsi” un po’ da donna e un po’ di sinistra (segue solo Vendola e Riotta) e parecchio da analfabeta. Al 90% un uomo, direbbe l’esperienza. Nella pratica ha raccolto grasse risate, anche perché sono espedienti puerili, che già agli albori della rete si rivelavano dolorosissimi per i proponenti.
Probabilmente opera dello stesso gonzo è un tentativo successivo, che dopo qualche ora prova a rivolgersi a un altro intervenuto nella discussione.

 

Ecco, a parte l’ovvio consiglio di non fare mai cose del genere, è bene ricordare comunque di NON fare come ha fatto Riotta in questa occasione.

Intervenite e sconfessate maldestri tentativi del genere, dissociatevi, evitate di sparire nel silenzio e di lasciare che la discussione si chiuda sulle ali delle pernacchie a questi interventi a vostro sostegno. Non lasciate mai che vi sia associato uno che scrive: “li lasci a me in tribunale”. Sostenitori del genere, se esistono, è molto meglio perderli che conservarli.

Riotta, fortunatamente per lui, è al di sopra di queste miserie. Formalmente ha abbandonato la discussione tempo prima e già si diletta con altro, ma di sicuro non ha apprezzato l’intervento di anonimi del genere in suo aiuto. 

Gianni ha di meglio da fare che prestare attenzione a queste sciocchezze, per esempio eccolo usare il tweet di una collega dell’Associated Press sul vice-premier inglese, che ha definito “vandalismo deliberato” la costruzione delle colonie israeliane, per proporre un suo vecchio pezzo sulla difesa europea. 

Anche questa è una cosa che sarebbe meglio evitare, l’auto-citazione non è mai elegantissima, se poi è forzata finisce per fare davvero una brutta impressione .


Questo svelto manualetto è ovviamente aperto ad altri contributi e segnalazioni, se avete idee precise su cose da NON fare su Twitter che non sono state ricordate sopra, segnalatele attraverso i soliti canali. Vedrò di integrarle in questo o in un prossimo post sul tema.


Aggiornamento: Come mi hanno fatto notare nei commenti, togliendo un 1 a @Claudia24781 si ottiene @Claudia2478, al quale corrisponde un curioso account, che da luglio a dicembre ha prodotto solo 10 messaggi, tra i quali diversi che facevano riferimento esplicito a Riotta e altri probabilmente collegati. Lo svelamento di questa coincidenza dovrebbe suggerire di evitare la produzione in serie di fake, se proprio li volete fare, fateli bene e fate il minimo sindacale della fatica perché la vostra opera non finisca così:

Aggiornamento: dopo le Claudie e Cinzia, passa un giorno e appare Alessio, che mi contatta da un account nuovo, con zero follower e following. Mi lascia qualche messaggio come questo e, dopo che l’ho bloccato, diventa Alessia. Intanto i tre account precedenti sono spariti nel nulla e molti insistono sulle assonanze stilistiche tra questi messaggi e quelli del protagonista di questo tutorial. Malelingue.

Anche se in effetti… eccolo, ancora là  impegnato a ripetersi, come una mosca contro un vetro che ripete il “Poi ti rispondo” e farfuglia altro, poco comprensibile:

Aggiornamento: il 19 febbraio faccio notare a Riotta un errore, in un articolo nel quale pontifica di rete ha dato una definizione bizzarra di cosa siano i cookie. Passano pochi minuti ed ecco ripetersi l’inspiegabile fenomeno del falso account a favore di Gianni, che dal tutorial non ha evidentemente appreso nemmeno il minimo sindacale.