Gioca al giornalismo 2.0 con l’Unità

Posted on 18 aprile 2016

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Gioco della settimana: trovare su YouPorn dei video con protagonisti somiglianti a politici o politiche. Poi segnalarli a l’Unità, che tiene i punti.

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L’Unità pubblica un video nel quale insinua che la candidata a sindaco di Roma per il M5S v’appaia mentre canta, letteralmente, un inno di Berlusconi. Poi si scopre non è lei e che qualcuno ha fatto lo sciocco approfittando d’una «somiglianza» che a guardar bene non è neppure tale.

E allora il direttore dell’Unità ha provato a imbastire una difesa mettendo insieme quattro sciocchezze che ha mandato a memoria senza sapere che cosa significhino, gli basta che suonino bene e e che le usino le persone che piacciono alla gente che piace. Le solite balle, le solite supercazzole. «È giornalismo 2.0» non vuol dir niente, se non ammettere che non è giornalismo.

Le verifiche di quel che si pubblica? «la comunicazione social punta molto sulla quantità e sulla velocità». Fate informazione o passate il tempo a riempire Facebook di stupidaggini e falsi? Questa domanda manca, come evidentemente il verificare quel che si pubblica.

«Sono sicuro che Corriere.it avrebbe caricato il video». Forse no, forse sì, manca la controprova e non è che se il Corriere fa una schifezza, questo autorizzi anche l’Unità a farla a sua volta.

Che ci sia una «somiglianza» non vuol dir nulla, figurarsi sennò che potrebbero combinare  a L’Unità con le immagini di neri o di cinesi, che agli occhi di noi biancuzzi sembrano tutti uguali. Che i social siano pieni di smanettoni che segnalano foto ha lo stesso senso: nessuno. E non si chiamano neppure smanettoni. Se esistono, questi che mandano foto a L’Unità, sembrano piuttosto sul genere degli onanisti che usano il computer come coadiuvante auto-erotico. Ma probabilmente a L’Unità fanno come molti altri: notano un contenuto che sta acchiappando click o che mena un avversario politico e lo rilanciano catafottendosene di qualsiasi cosa. E senza aspettare gli smanettoni, a quelli si dà la colpa quando butta male.

Dopo essersi così spiegato, Erasmo D’Angelis legittima anche le bufale, i falsi consapevoli, perché: «Il web ha modificato profondamente il giornalismo, sui siti e sui social gira di tutto». Che come il resto non vuol dir niente, è solo un pietoso tentativo di scaricabarile. Non è che se «sul web»girano materiali orrendi tu sia obbligato a pubblicarli, è una scelta. Una scelta per nulla sofferta, almeno osservando come se la rivendica con orgoglio mentre distribuisce responsabilità al mondo e assolve se stesso e la sua testata.

Aggiornamento: Enzo Iacopino, presidente pro tempore dell’Ordine dei Giornalisti, si è espresso scrivendo che:  «Quanto fatto dall’Unità nei confronti di Virginia Raggi, candidata sindaco a Roma per il M5S, non è informazione, ma una vergogna».