La buffa storia dei bot renziani

Posted on 31 dicembre 2017

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Nelle ultime ore ha fatto rumore l’emersione su Twitter di una rete di (ro)bot impegnata a veicolare quella che in tutta evidenza sembra propaganda del Partito Democratico, se non di Renzi. Gli stessi erano già stati colti in precedenza a fare lo stesso, fin dal 2013 e poi ancora negli anni. Inizialmente la rete è stata tracciata da David Puente, che anche in queste ore ne sta seguendo le gesta, ma non serve un grande studio per accorgersi che quello stuolo di account che diffonde gli identici messaggi è falso ed è stato generato e gestito da un’unica, timida, manina. Generato fin dal gennaio del 2012, data di nascita del grosso degli account, comune come il modello di mail usato per registrarli. Una scuderia di quella che sembra un’agenzia di comunicazione che gestisce «siti d’informazione monotematici» e account sulle reti sociali, attraverso i quali promuove i prodotti dei clienti. Agenzia dalla quale è nata ISayData che, coincidenza, si dedica alla comunicazione politica.

Non si può certo rimproverare ai fan di Grillo d’essere saltati a facili conclusioni senza attendere l’analisi dei metadati, essendo la somma e il peso degli indizi più che sufficienti a ipotizzare che qualcuno abbia commissionato un certo tipo di comunicazione a un operatore professionale del settore e che quel qualcuno sia vicino al Partito Democratico. Anzi, l’ipotesi sembra più fondata di altre che si sono volute avanzare mostrando i famosi metadati, ma non quelli di cui ci sarebbe stato bisogno.

Niente di male, come non ci sarebbe niente di male se lo facessero altri partiti, a parte quel piccolo dettaglio per il quale le campagne elettorali dovrebbero essere trasparenti, ma ovviamente il sale della faccenda sta nel fatto che proprio il Partito Democratico di Renzi ha a lungo stigmatizzato l’uso di mezzi (o mezzucci) del genere, salvo poi farsi cogliere a usarli senza tanto ritegno. Questo sembra uno di quei casi, almeno a giudicare dall’imbarazzo che ha suscitato tra i fan del PD e chi ha suggerito l’esistenza di orde di troll di Putin che si battono contro Renzi e le sue riforme.

Si può aggiungere che ora alle ipotesi complottiste su una collusione tra Lega e/o Movimento 5 Stelle e i «bot di Putin», gli avversari possono opporre un complotto di segno diverso collegando ISayData, che evidenti legami con Israele, con Carrai e il Mossad e concludendo che Israele vuole influenzare le elezioni promuovendo Renzi. E senza che l’ipotesi appaia tanto meno fondata di quella putiniana.

Facezie, ma utili a dimostrare come da incerti appigli ci si possa arrampicare fino ad accuse lunari, cosa che purtroppo accade spesso nella foga della battaglia politica, ancora di più in un’epoca che sembra premiare chi la spara più grossa urlando più forte. Che lo si faccia usando i bot per far giungere più lontano il proprio messaggio, in fondo è solo un’opportunità offerta dall’evoluzione della tecnica. Che lo si faccia di nascosto è invece nella natura di operazioni del genere, destinate a collassare se scoperte e rese pubbliche, perché il loro valore si fonda interamente sulla verosimile genuinità del messaggio e del messaggero. Niente che meriti tanto rumore o l’intervento dell’OSCE, è solo la politica al tempo della preistoria delle reti sociali.