Google rompe la triplice alleanza degli editori

Posted on 2 febbraio 2013

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Era cominciata come una barzelletta, con gli editori francesi, tedeschi e italiani che si erano messi insieme per mungere la grassa vacca di Google, è finita con i francesi che hanno lasciato la compagnia con una tazza di latte dopo aver fatto fuoco e fiamme.

Così Milano Finanza aveva riassunto la posizione degli editori italiani:

«Al fine di garantire lo sviluppo concorrenziale dell’attività di produzione di contenuti editoriali sul web e di assicurare a tutti i cittadini un’informazione libera e di qualità», si legge nel documento congiunto diffuso ieri al termine del summit tenutosi nella sede della Federazione Italiana degli Editori di Giornali (Fieg) presieduta da Giulio Anselmi affiancato dal dg, Fabrizio Carotti, «auspichiamo l’inserimento nell’attuale quadro normativo dei rispettivi Paesi, di una disciplina che definisca un sistema di diritti di proprietà intellettuale idoneo a incoraggiare su Internet forme di cooperazione virtuosa con gli operatori dell’industria digitale, in primo luogo i motori di ricerca». Tradotto: «Cara Google, se vuoi pubblicare le notizie devi pagare e riconoscere un contributo economico equiparato al valore del lavoro giornalistico svolto».

Il problema è che Google, oltre ad essere legalmente nel giusto e protetta dal diritto di citazione e dal resto dell’impianto normativo in quelli come in altri paesi, non ci sente proprio da questo orecchio e non vuole pagare montagne di denaro per il privilegio di segnalare un titolo. Privi di appigli legali gli editori hanno allora pensato di risolverla facendo pressione sulla politica, sperando che questa a sua volta fosse in grado di piegare Mountain View.

Il più attivo su questo fronte si è rivelato il presidente francese Hollande, che sul finire del 2012 aveva minacciato apertamente Google di rappresaglia fiscale e di una sanzione da un miliardo di euro, qualora non scendesse a più miti consiglio con gli editori. Un ricatto bello e buono, fondato sul fatto che Google, che secondo alcune stime ha realizzato nel 2011 un volume d’affari di quasi un miliardo e mezzo di euro in Francia, ha versato a Parigi appena 5 milioni di euro di tasse per lo stesso esercizio fiscale.

In Francia, secondo alcune stime, il motore di ricerca avrebbe realizzato nel 2011 un volume d’affari compreso tra 1,25 e 1,4 miliardi di euro, derivanti principalmente dall’attività di agenzia pubblicitaria su internet, ma avrebbe versato pochissimo in tasse, grazie alla più che legale imputazione degli utili alla sua holding irlandese, che è nell’Unione Europea, che non è in un paradiso fiscale, ma solo in un paese europeo con una fiscalità più favorevole ad aziende come Google, che la Francia non ha mai denunciato in sede europea, e non si vede nemmeno come potrebbe.

Una minaccia spuntata quindi, che Google ha preso con comprensibile aplomb come aveva accolto senza panico le pretese degli editori, che aveva anzi minacciato, annunciando che avrebbe potuto rimuovere dai risultati del motore di ricerca i siti che pretendevano denaro per essere citati. A dire il vero se gli editori fossero realmente danneggiati potrebbero agevolmente bloccare l’indicizzazione da parte di Google cambiando una breve linea di codice. Google indicizza solo i siti che glielo permettono, i suoi spider (i programmi che scorrono e leggono i siti per Google) operano in sintonia con le indicazioni dei gestori dei diversi siti.

Ma anche gli editori più ottusi sanno ormai quanto traffico porta Google sui loro siti, gratuitamente, e a quel traffico non vogliono rinunciare. Per questo motivo anche la minaccia d’imporre una nuova tassa (?) sulla pratica, pronunciata da un Hollande particolarmente pugnace poche settimane fa, era del tutto inadatta a far tremare gli americani.

Così la montagna ha partorito il topolino e Hollande, gli editori francesi e Eric Schmidt hanno siglato in pompa magna un accordo che impegna Google a una spesa di 60 milioni all’anno, che però non andranno nelle casse degli editori, ma in quelle di un fondo destinato allo sviluppo dell’editoria digitale in Francia nel quadro di un partenariato commerciale per il quale Google s’impegna ad insegnare agli editori come guadagnare di più dalla pubblicità su internet.

Quindi Google investirà in Francia per allargare il mercato pubblicitario in rete, nel quale fa la parte del leone, e investendo spingerà gli editori a impegnarsi nel digitale in concorrenza con con le loro attività attraverso altri media. Investirà una cifra modesta, 60 milioni su un giro d’affari di oltre un miliardo di euro, controllando un investimento che spingerà gli editori ad alimentare l’editoria digitale e il mercato della pubblicità online, un’iniziativa che se dovesse spostare in avanti il mercato, anche solo di qualche punto percentuale, ripagherebbe ampiamente Mountain View.

Si può capire la gioia di Hollande, che ha potuto spacciare un accordo inedito come un suo successo personale, e probabilmente poi si uniranno anche gli editori, che però per trarre vantaggio dai suggerimenti e dagli investimenti di Google dovranno a loro volta investire e assumere personale capace di dialogare con Mountain View e di approcciarsi alla rete come necessario. Fa quasi tenerezza Hollande: “Si è prodotto oggi un avvenimento mondiale (…) la conclusione di un accordo tra Google e un gruppo di editori che sono stati capaci di associarsi per condurre questo negoziato”, proseguendo poi: “… questo accordo è positivo per la stampa francese, per i contenuti e anche per Google… è motivo di fierezza per la Francia di essere stata capace di realizzare questo accordo che è il primo nel mondo”.

Netta la distanza con Google, che per parte sua ha comunicato: “Abbiamo trovato un accordo che è principalmente un partenariato commerciale”, tenendo a precisare attraverso un portavoce che non si tratta di allungare una busta agli editori, ma di “cominciare un nuovo progetto insieme”. “Il primo progetto è di concludere degli accordi commerciali con gli editori per aiutarli a per aiutarli a trarre il meglio da internet e ad aumentare i loro ricavi dall’online, per mezzo di prodotti pubblicitari”. E se qualcuno avesse dei dubbi sull’identità dei prodotti ha citato di seguito AdSense, AdMob e AdExchanges. Volevano soldi da Mountain View e alla fine hanno affidato la loro raccolta pubblicitaria online a Google, chissà se anche gli editori italiani si lasceranno tentare da un affarone del genere.

Certo è che le roboanti pretese degli editori francesi, tedeschi e italiani si sono confermate come poco fondate e che l’intervento del presidente francese è servito più a sedare la contesa che a segnare un punto per i suoi, che possono tornare negli spogliatoi con una sola certezza: quella di non aver vinto niente. Resta da vedere cosa riusciranno a portare a casa adesso Berlino e Roma, dopo che Parigi si è accordata per conto suo ed è andata a casa con quel che è riuscita a ottenere, il potente fronte per fare lobbying comune non esiste più, un’altra piccola vittoria raccolta da Google firmando l’accordo con Hollande.

Pubblicato in Giornalettismo

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