I media censurano persino Ratzinger e Bergoglio, la magistratura tace, chi protegge Don Inzoli?

Posted on 3 luglio 2014

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Questo che segue è il primo pezzo che tratta della storia uscito oltre l’ambito locale, poi ne sono arrivati diversi, ma mancano ancora le due principali testate italiane (il Corriere l’ha defilata nell’edizione di Milano), diverse testate minori e manca del tutto la televisione. La notizia che coinvolge due papi, un potente monsignore ai vertici di due organizzazioni di rilevanza nazionale, denunciata poi anche da un deputato e dal sindaco di Crema, è stata evidentemente vittima di un processo volontario di (auto?) censura che non depone a favore delle testate coinvolte, capaci di seppellire con una cortina di silenzio una vicenda nella quale persino la magistratura sembra aver mancato ai suoi più elementari doveri.

Pubblicato in Giornalettismo il 30 giugno.

 

Don Mauro Inzoli ha ricevuto la «condanna definitiva» firmata da Benedetto XVI perché si  sarebbe reso responsabile di abusi su minori. La sua storia fa ora scandalo anche perché la magistratura italiana invece non lo ha neppure indagato.

 

inzoli-pedofilia

Un sacerdote potente e conosciuto, per anni presidente del Banco Alimentare, indicato come erede di Don Giussani in Comunione e Liberazione e conosciuto anche come «il prete in Mercedes», alcuni anni fa è stato investito da accuse infamanti che nel 2012 hanno convinto Papa Ratzinger a spretarlo. Poi Inzoli ha fatto ricorso e nei giorni scorsi è giunta, con tanto di comunicato ufficiale, la sentenza definitiva firmata da Papa Bergoglio, che a ben vedere appare più un perdono che una condanna severa come lo era quella di Ratzinger:

In data 12 giugno 2014 è giunto al vescovo di Crema, monsignor Oscar Cantoni, da parte della Congregazione per la Dottrina della Fede, il Decreto recante le disposizioni del Santo Padre a conclusione del caso del reverendo Mauro Inzoli, che diventano vincolanti a partire dal giorno di notifica del Decreto all’interessato (25 giugno 2014). Tale Decreto recepisce quanto Papa Francesco, accogliendo il ricorso di don Mauro, ha stabilito. In considerazione della gravità dei comportamenti e del conseguente scandalo, provocato da abusi su minori, don Inzoli è invitato a una vita di preghiera e di umile riservatezza, come segni di conversione e di penitenza”. “Gli è inoltre prescritto di sottostare ad alcune restrizioni, la cui inosservanza comporterà la dimissione dallo stato clericale. Don Mauro non potrà celebrare e concelebrare in pubblico l’Eucaristia e gli altri Sacramenti, né predicare, ma solo celebrare l’Eucaristia privatamente. Non potrà svolgere accompagnamento spirituale nei confronti dei minori o altre attività pastorali, ricreative o culturali che li coinvolgano. Non potrà assumere ruoli di responsabilità e operare in enti a scopo educativo. Non potrà dimorare nella Diocesi di Crema, entrarvi e svolgere in essa qualsiasi atto ministeriale. Dovrà inoltre intraprendere, per almeno cinque anni, un’adeguata psicoterapia”.

Come si sia arrivati a questa conclusione lo spiega il vescovo di Crema Oscar Cantoni:

“Come cristiani siamo invitati ad accogliere sempre con un atteggiamento di fede le indicazioni che ci vengono offerte dalla santa madre Chiesa e a tradurle subito in preghiera, così da evitare inutili, quanto dannosi giudizi, che certo non contribuirebbero a creare un clima di distensione e di pace. L’invito che rivolgo è dunque di considerare il giudizio nei confronti di don Mauro alla luce di un binomio inscindibile: quello della verità e della misericordia insieme. Senza queste due componenti, a cui la Chiesa si rifà nella sua azione pedagogica, ci ridurremmo a classificazioni di parte,tipiche di una “mentalità mondana”, ma ben lontane da quello spirito ecclesiale, la cui finalità è sempre di accompagnare maternamente i suoi figli, anche quando sbagliano, piuttosto che far prevalere giudizi di condanna. In nome della verità, in questi anni, sono state eseguite rigorose ricerche, che hanno comportato pazienti e sofferti confronti con le persone che hanno riferito i fatti“.

Persone che si sono rivolte alla chiesa quando ormai lo scandalo era di pubblico dominio da tempo a Crema, ma che non si sono rivolte alla magistratura, la quale tuttavia a fronte di tali ed evidenti notizie di reato, fin dal 2012, a oggi non ha aperto alcun procedimento a carico del prelato, perdonato dalla misericordia di Bergoglio dopo essere stato spretato da Ratzinger. Ma qualcuno ci ha fatto caso, tanto che Franco Bordo, deputato cremasco di SEL, ha annunciato che presenterà un esposto alla magistratura:

 “Sono un parlamentare della Repubblica ed è uno dei miei compiti agire perché la legalità e l’uguaglianza di fronte alla legge siano sempre affermate e praticate. Per questo motivo e sollecitato oltre che dalle numerose richieste dei cittadini della nostra sbigottita comunità anche dalla lettera del vescovo Cantoni che con estrema trasparenza e chiarezza ha comunicato i gravissimi atti di cui, il Tribunale ecclesiastico, ha ritenuto Mauro Inzoli responsabile in via definitiva, ho deciso che nella mattinata di lunedì 30 giugno mi recherò presso la Procura di Cremona per depositare un esposto in merito alla vicenda. E’ il momento, finalmente, che anche la magistratura italiana azioni gli strumenti legali per fare chiarezza, ed eventualmente perseguire, su tali atti”.

Allo stato dei fatti non si può che restare allibiti di fronte a una storia del genere, con un sacerdote indicato con tanto di bolla papale come autore di abusi sui minori, ma ignorato dalla magistratura a dispetto dell’obbligatorietà dell’azione penale e anche dai media nazionali, visto che la storia ha fatto capolino al massimo sulle pagine locali del Correre della Sera e de Il Giorno. Uno scandalo non solo perché il presunto autore non sarà punito e neppure giudicato, ma anche per il particolare tipo reato contestatogli. Se don Inzoli è davvero un predatore sessuale che rivolge le sue attenzioni ai minori, non è molto edificante e nemmeno tranquillizzante che possa continuare a circolare liberamente in tonaca lontano da Crema, dove nessuno conosce i suoi trascorsi, e dove sarebbe libero di reiterare gli stessi reati impunemente.

AGGIORNAMENTO; Due anni dopo la magistratura ha finalmente indagato e condannato gli abusi sessuali commessi dal presule e sono anche giunte le impressionanti motivazioni della sentenza, che riguarda però solo un numero limitato dei casi dei quali, secondo gli stessi PM, si sarebbe reso protagonista.

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