Scrive oggi il direttore de La Croce sulla sua pagina Facebook:
«Poi ti chiamano di notte per dirti che la nostra insegna a 50 metri dalla redazione è stata presa a mazzate da vandali che si sono dovuti impegnare mica poco per spezzare il tubo di ferro che la sorreggeva. E ora andiamo a lavorare, un poco preoccupati ma non intimiditi, per darvi un gran numero de La Croce domani in edicola. Chi tutela la sicurezza e l’ordine pubblico sappia che magari noi non siamo Charlie, ma uno sguardo di protezione non farà male alla sede della redazione».
Righe da prendere come un’orrida invenzione allo scopo di fingersi vittima e raccogliere solidarietà dei fan, vista la foto allegata dal nostro, nella quale non c’è alcuna insegna intesa come accessorio della sede della redazione, ma solo una pubblicità della sua testata attaccata a un palo con orologio, che si trova tra Largo di Torre Argentina e Largo delle Stimmate. Palo che per qualche accidente è stato danneggiato e ora pende, ma che sicuramente non è stato «preso a mazzate» da vandali che ce l’hanno con Adinolfi & co.
Chiunque infatti capisce che se ci fossero state mazzate e per di più in odio a La Croce, orologio e pubblicità non avrebbero potuto salvarsi, invece sono indenni, solo il palo che le sorregge è storto. Spacciarlo per un attacco al giornale ha quindi ancora meno senso dell’immaginifico attentato a Belpietro, farlo affermando che «uno sguardo di protezione non farà male alla sede della redazione» è addirittura patetico. Anche se fosse, e non è, non sarebbe stata «l’insegna» e ancor meno la redazione ad essere attaccate, ma un semplice cartello pubblicitario. Che non si trova per niente accanto alla redazione, che sta in un’altra piazza nei pressi.
Tanto che in effetti gli han creduto in pochi, anzi, molti hanno addirittura insinuato che si si sia «inventato qualcosa» per deflettere l’attenzione dalle polemiche scoppiate dopo che al convegno «per la famiglia» di ieri, di cui era tra gli organizzatori, è apparso garrulo e benvenuto don Mauro Inzoli, ex presidente del Banco Alimentare e tra i leader di Comunione e Liberazione, condannato da due papi a far vita ritirata perché riconosciuto colpevole di abusi su minori al termine di un’indagine vaticana.
Una presenza passata inosservata a tutti gli amici di lunga data presenti in platea a pochi metri da lui, stranamente, ma che non ha mancato di suscitare scandalo in chi già aveva preso mira il ritrovo, considerandolo una manifestazione molto discutibile di un noto gruppo di omofobi, raccolti attorno alla Lega e al centrodestra. Loro ovviamente dicono di non essere omofobi, ma poi le loro parole e i loro comportamenti li tradiscono in fretta, al convegno non è mancato neppure un La Russa in grande forma, che ha dato del culattone a uno studente che aveva fatto un intervento in dissenso. Un circo di pessimo gusto, che forse Adinolfi a cercato di far dimenticare almeno ai suoi fan, propinando loro la fantasiosa denuncia.
sydbarrett76
20 gennaio 2015
sulla mia enciclopedia ideale alla voce “malafede” c’è la foto di marione
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Webmaster di Pontilex
21 gennaio 2015
Vabbè ma i cattotalebani ci hanno abituato a queste sceneggiate. Come dimenticare il buon Carletto, geniale webmaster di Pontifex? Quello che ha subito ogni tipo di danneggiamento, spaziando dalla sua bella Jaguar alla “centralina ADSL” che a suo dire era stata pure “blindata” da Telecom. Quello che gli hanno ucciso il cane. Quello che non trova lavoro perchè c’è un piccolo sito che tutt’ora si ricorda dei suoi trascorsi come, appunto, webmaster di Pontifex mentre lui ora rinnega il suo passato, a caccia di una nuova verginità. Caspita, Adinolfi è forse più bravo del suo precursore. Ma non è certo nuovo questo vittimismo… :D
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