Wikileaks in Trapwire, sotto attacco da giorni

Posted on 13 agosto 2012

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Dopo la rivelazione il sito di Wikileaks è stato abbattuto da un possente attacco Dos che dura ormai da giorni.


Se provate ad accedere al sito Wikileaks.org non ci riuscirete. E non vi andrà meglio con molti dei parecchi mirror del sito, al quale di ora in ora ne sono aggiunti altri per permettere l’accesso al sito. L’attacco non è il primo di questo genere, ma è decisamente il più lungo mai sofferto dal sito e pare scatenato dalla pubblicazione di articoli relativi a un sistema di spionaggio denominato Trapwire, fornito dalla Abraxas Inc. ad alcuni governi, su tutti quello statunitense.


La questione è bruciante sia per il fatto che il programma sia stato adottato in segretezza, che per la sua natura molto invasiva e apparentemente illegale, che ha spinto più di uno a collegare la segretezza all’esigenza di coprire l’adozione di un programma illegale. Al di là delle performance vantate dall’azienda e da una certa supervalutazione apparsa evidente nelle prime descrizioni, la questione è che il governo ha messo in opera il programma Trapwire, che consiste in un sistema che incrocia diverse fonti open source con le riprese delle telecamere di sorveglianza di alcuni punti di grande interesse in alcune grandi città, promettendo la “prevenzione” del crimine attraverso l’analisi automatizzata di questi dati e della ricorrenza di presenze, targhe automobilistiche o dispositivi elettronici nei luoghi d’interesse. La stessa azienda ammette che il sistema è particolarmente efficace ex-post, ma si lancia anche in inquietanti claim pubblicitari, come quello per il quale sarebbe “più efficace dei sistemi di riconoscimento del viso”. Più che sufficiente per allarmare chi teme il Grande Fratello, ma anche schiere di giuristi che difficilmente accetteranno quest’ennesima invasione elettronica della privacy, operata in segreto e priva delle minime tutele giuridiche che spetterebbero ai cittadini americani, tra le quali quella sovrana di non essere pedinati, tracciati  e registrati incessantemente senza che un giudice abbia concesso l’autorizzazione a farlo.


Evidente il collegamento con l’attacco a Wikilieaks, che per intensità non sembra certo originato da uno striminzito gruppo di patrioti come quello che si è assunto la paternità dell’attacco: ” Potete chiamarmi DietPesi. Sono il leader di Antileaks. Non stiamo facendo questo per attirare l’attenzione su di noi. Siamo giovani, adulti, cittadini degli Stati Uniti e profondamente preoccupati per i recenti sviluppi con Julian Assange e il suo tentativo di ottenere asilo in Ecuador. Assange è il capo di una nuova leva di terroristi. Facciamo questo per protestare contro il suo tentativo di sfuggire alla giustizia in Ecuador. Sarebbe un catalizzatore per molti come lui, a seguirne l’esempio. Non ci fermeremo e non ci fermeranno”.


La coincidenza con l’uscita delle ultime mail, ora inaccessibili con il resto, di Stratfor, una società di ex spie americane in affari con Washington e con qualsiasi governo o azienda paghi per le sue “consulenze”, è decisamente sospetta, così com’è rilevante che la cosa non abbia fatto molto notizia negli Stati Uniti, dove ha prevalso il basso profilo, fors’anche dettato dalla percezione esatta delle capacità di Trapwire, non molto lontane e diverse da quelle di altre iniziative del governo americano, che in quanto a far stracci dei diritti e della privacy dei suoi stessi cittadini in nome della “sicurezza” si è risparmiato poco dal 2001 a oggi. Tuttavia è visibile l’influenza dei “buoni rapporti” di Stratfor con i media, anche nostrani e dalla massa di comunicazioni ad emergere è un panorama nel quale etica e buoni sentimenti sembrano del tutto alieni, anche per questo il sito di Stratfor è stato preso di mira da Anonymous, l’organizzazione che avrebbe prelevato i file poi pubblicati da Wikileaks.


Evidente anche come i presunti patrioti anti-Assange si presentino come pericolosi estremisti accecati dall’ideologia, visto che Assange non ha commesso reati negli Stati Uniti o contro gli Stati Uniti, non è ricercato negli Stati Uniti e non può essere considerato “terrorista” più di qualunque giornalista che abbia pubblicato segreti sgraditi a Washington. Ma più probabilmente si tratta di solo di una maschera indossata da cittadini che prima di essere tali sono affiliati in qualche modo all’enorme comunità di agenti ed ex-agenti che da anni dissangua i bilanci americani proponendo a caro prezzo progetti come quello di Trapwire o come quelli di armi da fantascienza, tutte truffe costosissime che si fanno largo a colpi di lobbysmo e patriottismo fino al cuore del Congresso e dell’establishment militare, per il quale rappresentano una pensione dorata, in particolare per coloro che assecondano i progetti più lucrosi per le aziende che li propongono.


Proprio l’emergere copioso di questo genere di truffe, più che la pericolosità del Trapwire di Abraxas, è il dato più rilevante che emerge dalla lettura delle email di Stratfor. Una lettura che spazza subito via ogni pretesa di professionalità per rivelare una pericolosa approssimazione e una tendenza al profitto alla quale soccombe ogni deontologia, sia quella del patriota o quella del professionale fornitore di servizi molto sensibili.

Pubblicato in Giornalettismo