La svolta di Öcalan e l’addio alle armi del PKK

Posted on 25 marzo 2013

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Il messaggio ha ricevuto un’accoglienza positiva da parte del governo turco.

In un messaggio molto atteso e letto davanti a centinaia di migliaia di curdi riuniti a Dyarbakir (nelle immagini), la capitale dei curdi in Turchia, Abdullah Öcalan ha annunciato l’abbandono della lotta armata da parte del Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK), di cui è leader indiscusso nonostante si trovi ormai dal 1999 tombato in una prigione di massima sicurezza turca.

“La nostra lotta non è stata contro una razza, una religione o dei gruppi. La nostra lotta è stata contro ogni tipo di pressione e oppressione. Oggi ci stiamo risvegliano in un nuovo Medioriente, in una nuova Turchia e in un nuovo futuro. Oggi la sta cominciando una nuova era. Una porta si è aperta per passare dalla lotta armata alla lotta democratica. Il Medioriente e l’Asia Minore sperano in nuovo ordine. Un nuovo modello è una necessità come il pane e l’acqua. È il tempo dell’unità. Turchi e curdi hanno combattuto insieme a Çanakkale [nella Seconda Guerra Mondiale], e varato insieme il primo parlamento turco nel 1920. Nonostante tutti gli errori fatti negli ultimi 90 anni, stiamo cercando di costruire un modello che abbracci tutti gli oppressi, le classi e le culture. Le persone in Medioriente stanno cercando di rinascere dalle loro radici, perché sono stanche di tutte le guerre e i conflitti. La base della nuova lotta sono le idee, le ideologie e la politiche democratiche. Chiedo a tutti di costruire un modernismo democratico per sfuggire a queste pressioni, che sono chiaramente contro la storia e la fratellanza. Ora le pistole vanno silenziate e devono parlare i pensieri. È arrivato il momento che le armi escano dai confini turchi. Questa non è la fine, ma un nuovo inizio”

Il messaggio è importante perché non è un’iniziativa estemporanea, ma il frutto di colloqui e trattative che da mesi è condotta da esponenti del governo e del PKK, che a questo fine hanno avuto il permesso d’incontrare Öcalans sull’isola-prigione che si trova nel mar di Marmara dove ha trascorso gli ultimi 13 anni.

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Positiva la reazione del governo turco, il premier Erdogan ha dichiarato che il discorso combacia con il processo di pace in corso e presta attenzione ai nodi più delicati, mentre Yalçın Akdoğan, consigliere del premier, ha spiegato alla CNN turca che: “È un approccio che prende in considerazione i diversi settori della società” aggiungendo che nel messaggio ci sono altri messaggi importanti al di là del richiamo al silenzio delle armi e alla ritirata dei militanti: “Prima di tutto, c’è il messaggio che l’epoca della lotta armata è giunta a una fine e che la lotta deve continuare con mezzi democratici. trovo che sia molto importante. Secondariamente, mai in passato ha espresso una tale enfasi sull’unità e la fratellanza (il PKK) disprezzava l’enfasi su una storia comune, una civiltà comune e un religione comune. Öcalan oggi ha cambiato il paradigma e rotto con la vecchia retorica”.

Non mancano però i caveat: “Dobbiamo vedere che posizione prenderanno tutte le anime del PKK. Il messaggio contiene lo spirito di un’esortazionr. Ma ora c’è bisogno di una fine del conflitto e del ritiro dalla Turchia. Questi due passaggi sono molto importanti e prima di tutto devono essere messi in pratica”. Respinte invece le critiche dell’opposizione al governo per aver intavolato la trattativa: “Ci sono diverse fazioni a Kandil (dov’è il quartier generale del PKK nel Nord dell’Iraq). C’è una persona che nessuno può influenzare dall’esterno e questi è Öcalan.”

Secondo Akdoğan il momento oggi è molto più favorevole di quanto non fosse solo un paio d’anni fa in occasione dei colloqui tenuti a Oslo tra Ankara e il PKK, quando la strategia del partito curdo era quella del “tratta e spara” che si è rivelata un fallimento.”Öcalan ha visto che se ci sono attacchi lui rimane al di fuori del giro. Kandil ha sepolto Öcalan sull’isola d’İmralı”, aggiungendo che fortunatamente forze come Ergenekon sono sempre meno attive. Tuttavia, secondo il parere di alcuni curdi, l’idea è quella giusta, ma il tempo stringe, perché le ultime generazioni di curdi hanno visto solo la guerra e presto potrebbe essere troppo tardi per convincerli ad abbandonare le posizioni più radicali e recuperarli a un processo di pace che ancora oggi si preannuncia lungo e incerto.

Abdullah Öcalan fu stato catturato in Kenya dopo essere stato malamente allontanato dal nostro paese, che in un primo momento gli aveva offerto asilo ai tempi del governo presieduto da Massimo D’alema che poi, cedendo alle pressioni dei Ankara e probabilmente anche a quelle di Washington, che lo consideravano un terrorista a capo di un’organizzazione terroristica, lo scaricò e lo spinse ad abbandonare il paese, ma solo per essere arrestato non appena sceso dall’aereo che lo aveva portato in Kenya. In Italia era arrivato dopo che la Siria di Assad aveva deciso di cessare il sostegno al PKK e dopo un passaggio in Russia, che però lo invitò a lasciare il paese nel giro di pochi giorni dal suo arrivo. Un tradimento del diritto d’asilo, quello italiano, come testimonierà più tardi proprio la concessione dell’asilo politico al leader curdo da parte della magistratura italiana, ma ormai era troppo tardi e Öcalan già detenuto in Turchia.

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