Ovadia Yosef, se ne va un pilastro dell’ebraismo

Posted on 8 ottobre 2013

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Se n’è andato con il più affollato funerale che Israele abbia mai visto, leader spirituale del partito Shas, ma allo stesso tempo rispettato da tutto il paese e riconosciuto maestro dell’ebraismo. Con Ovadia Yosef se ne va un rabbino carismatico e autorevole come pochi, anche tra quanti lo hanno preceduto.

Il rabbino Ovadia Yosef lontano da Israele è per lo più noto per l’estremismo di certe sue affermazioni sui non-ebrei e su arabi, omosessuali ed ebrei secolarizzati, affermazioni all’insegna di un fastidioso suprematismo verso chi non considerava abbastanza rispettoso degli insegnamenti dell’ebraismo, di cui è stato grande maestro. L’avanzare dell’età lo ha reso se possibile più severo, al punto che è arrivato anche ad offendere le vittime dell’Olocausto dicendo che quelli che sono morti per mano dei nazisti erano le anime di peccatori reincarnate perché questi potessero essere puniti.
Yosef è nato nel 1920 a Baghdad, la sua famiglia si è trasferita presto nelle terre del mandato britannico di Palestina e qui il giovane Ovadia si rivelò subito tra gli studenti più brilanti della scuola talmudica di Rabbi Ezra Attiya, che si spese personalmente perché potesse continuare a studiare nella sua yeshiva. Intuizione giusta, Yosef riceverà l’ordinazione rabbinica a soli 20 anni e non smetterà più il suo ministero fino alla morte, divenendo un’autorità riconosciuta nell’interpretazione della Torah e nella definizione dell’Halakhah, l’insieme di pronunce rabbiniche che guida non solo le pratiche e credenze religiose, ma anche numerosi aspetti della vita quotidiana un vero sistema esecutivo di diritto civile e diritto religioso, che l’ebraismo non considera due cose distinte. Anche per questo Yosef era contrario all’utilizzo dei tribunali israeliani, che decidono secondo la legge israeliana e non seguendo l’Halakha.

Nel 1973 Yosef è nominato rabbino capo d’Israele, assurgendo così ad autorità riconosciuta anche al di fuori della corrente dell’ortossia che segue i suoi insegnamenti. Yosef, nonostante la severità, la dedizione nello studio delle scritture e il carattere poco incline ai compromessi, rappresenta infatti una corrente dell’ortodossia, quella sefardita che è composta da ebrei immigrati dai paesi arabi, più liberale di altre. Sottigliezze agli occhi dei non ortodossi, come alcune disposizioni liberali quanto particolareggiate sull’esposizione dei capelli da parte parte di sposate, nubili o vedove o alcune esenzioni dalla dannazione per quei credenti costretti dalle cose della vita a non rispettare l’Halakha, ma sufficienti a scavare un solco con gli haredi o altri rappresentanti ancora più talebani dell’ortodossia ebraica.

E quasi un progressista è sembrato quando sosteneva la necessità di un accordo con i palestinesi o nella sua stima e amicizia per Peres, preferito a Shamir che mostrava poco interesse per gli studi talmudici e per le sue illuminanti lezioni in tema. Nel 1984 la svolta politica con la fondazione dello Shas, le “guardie della Torah” che impegneranno a lungo la scena politica israeliana, arrivando a condizionare pesantemente anche il penultimo governo Netanyahu. Un partito che promuove l’Halakha come legge d’Israele, ma al tempo stesso “socialista” in quanto portatore delle istanze della popolazione sefardita, più povera e, secondo la visione del partito, discriminata.

RABBI OVADIA YOSEF

Anche per questo nella sua storia lo Shas giungerà a compromessi sia con i governi di sinistra che con quelli di destra, ma dal 2000 in avanti Yosef, e con lui il partito, è parso scivolare verso destra e verso un’interpretazione del sionismo più vicina al movimento dei coloni, in particolare con il sostegno all’ultimo governo Netanyahu. Alle ultime elezioni, pur conquistando 11 deputati come nella legislatura precdente, lo Shas è uscito dalla compagine governativa perché Netanyahu ha imbarcato Lapid e Bennet e le rispettive formazioni, tutti e due favorevoli all’estensione della leva obbligatoria per gli haredi e al taglio dei sussidi alle loro famiglie. Gli haredi possono solo studiare la Torah tutta la vita e, in quanto inabilitati anche al lavoro, sono destinatari di un welfare costoso per lo stato ebraico, tanto più che si moltiplicano a ritmi molto più elevati del resto della popolazione, il buon Yosef ha messo al mondo 11 figli e la media non è tanto lontana. Per di più hanno la pretesa di vivere comunque in ambienti e modi informati all’Halacka a spese dello stato israeliano.

Il partito di Yosef non è composto solo di ultra-ortodossi e si distacca dai concorrenti d’ispirazione religiosa anche se a un occhio distante la differenza appare minima, visto che l’idea di stato conciliabile con la visione dello Shas e di Yosef è comunque quella di un paese governato dai rabbini secondo l’Halakha, un paese nel quale ci sarebbe poca tolleranza e poco spazio non solo per i non ebrei, ma anche per i non abbastanza ebrei secondo i severi requisiti degli ortodossi e quelli ancora più severi degli ultra-ortodossi, un paese in odor di talebanesimo che ovviamente non piace né agli ebrei secolarizzati, né ad amici e nemici vicini e lontani d’Israele. Tuttavia il potere dei partiti religiosi in Israele è grande e grandissima era l’influenza che esercitava Yosef sia sui politici che sulla società israeliana.

Alla sua morte il cordoglio è stato unanime, i suoi funerali forse i più imponenti della storia d’Israele, ma quello che traspare dalla stampa israeliane è l’incognita sul futuro del partito e della sua eredità spirituale e politica. Quella politica è rimasta incerta, nonostante la lunga malattia Yosef non è riuscito a influenzare la successione, che rimane contesa tra suo figlio Yitzhak Yosef e l’ex rabbino capo sefardita Shlomo Amar, che in passato si era scontrato con Ovadia. Un confronto che non esclude terzi incomodi e che potrebbe pesare sul futuro stesso del partito ora che il grande capo carismatico non c’è più e che si gioca sull’interpretazione autentica dei messaggi che negli ultimi mesi il leader ha trasmesso attraverso la nipote Yehudit Yosef, considerata il vero “uomo forte” dello Shas anche se non può aspirare a prenderne la guida per mancanza di requisiti maschili.

La figura di Yosef resterà comunque legata alle sue qualità di studioso e interprete della Torah e a quelle di giudice rabbinico, uomo dalla memoria prodigiosa e dalla grande saggezza, anche se secondo molti critici questa sua grandezza accademica e morale sarebbe stata sfruttata negli anni dalla dirigenza dello Shas per vivere di luce riflessa. Uno sfruttamento cinico che mostra i suoi limiti sia nelle discussioni a cadavere caldo sulla successione, così come nelle storie di chi lamenta come dalla morte della moglie di Yosef, nel 1994, lo stesso sia stato distratto dai suoi studi e tirato nell’agone politico per difendere le sorti di qualche funzionario corrotto o qualche intrigo miserabile. Quale che sia il futuro dello Shas, sembra comunque opinione comune che la sua figura di studioso e interprete dell’ebraismo non potrà essere rimpiazzata a breve e che il prossimo Ovadia Yosef probabilmente non sia ancora nato.

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