Guarda come scappa Lucia Borgonzoni, la coraggiosa leghista anti-rom

Posted on 6 novembre 2014

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Da un paio di giorni sto provando a chiedere a Lucia Borgonzoni, assurta a improvvisa notorietà per aver preso uno schiaffo durante una sua provocatoria sceneggiata presso un campo nomadi a Bologna, a che titolo e con quale autorità si fosse presentata sul luogo con telecamera al seguito. Perché la questione è abbastanza semplice, se la signora stava operando nell’ambito delle leggi e delle sue prerogative istituzionali (è consigliere comunale) è un conto, se invece ha messo in scena una provocazione a scopo elettorale e ha preso uno schiaffo per questo, la questione cambia radicalmente. Nessuno, nomade o stanziale, italiano o straniero, prenderebbe bene l’irruzione non autorizzata di un politico con telecamere al seguito al suo domicilio, ancora meno se pensasse che quel politico gli è platealmente ostile e che quella presenza è mirata a gettare fango sulla sua famiglia o alla minoranza o al gruppo al quale appartiene.

Non risulta che Borgonzoni abbia tale autorità o sia dotata di tale autorizzazione, così ho provato a chiedere conferma direttamente a lei. Dopo un paio di scambi che Borgonzoni non deve aver giudicato soddisfacenti, la nostra ha pensato bene di cavarsela facendo la gag dell’anonimo, mi ha bannato (l’account senza veronome che uso abitualmente) e me le ha cantate chiare:

 

 

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Evidentemente non è l’anonimato a darle fastidio, ci sono altri più o meno anonimi che sul suo profilo inneggiano allo sterminio e non sembra essere un problema. E c’è persino un anonimo che di seguito dà dei codardi agli anonimi. Il livello dalle parti dei leghisti è bassino e si sapeva, non c’è da stupirsi.

 

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Niente di terribile o d’insormontabile, ho pensato allora d’intervenire con l’account che sfoggia il mio veronome ( e sempre il solito coniglietto), per reiterare la richiesta alla signora, che comunque sa benissimo chi sia:

 

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Niente da fare,  sembra incredibile, ma Borgonzoni non ha trovato la voglia di rispondere alla mia domanda, ma solo quella di bannarmi di nuovo, evidentemente era la domanda a dare fastidio. Una domanda che resta senza risposta, chissà perché.

 

P.S. Sulla effettiva legittimità dell’azione di Borgonzoni, riporto un riassunto della questione dal Corriere:

IL COMUNE: STOP A SALVINI – Ma un avviso alla Lega, e a Salvini in particolare, arriva dal Comune di Bologna: chi non è consigliere comunale non può recarsi in visita nei campi nomadi per evitare di violare la privacy degli ospiti; e per fare riprese ci vuole l’autorizzazione, cosa che non è stata chiesta lunedì scorso in occasione del primo sopralluogo di esponenti del Carroccio sfociato in una aggressione ai danni di Lucia Borgonzoni. Non si può, viene ricordato, visitare un campo senza avvisare che ci sono degli accompagnatori, come Borgonzoni assieme al candidato alla presidenza della Regione per il centrodestra Alan Fabbri. Semaforo rosso, dunque, per Matteo Salvini, deciso a presentarsi in via Erbosa sabato mattina. Inoltre fare riprese audio e video e diffonderle sui social (come è successo lunedì) pone proprio «il rischio di violare il diritto alla riservatezza degli utenti della struttura», contemplato dal Regolamento del Consiglio comunale di Bologna. Per questo «il mio auspicio è che il regolamento sia scrupolosamente osservato da ogni componente del Consiglio». È quanto scrive in una lettera a Borgonzoni la presidente dell’assemblea di Palazzo D’Accursio, Simona Lembi, ribadendo di aver espresso condanna «per ogni forma di violenza fisica e verbale». La presidente del Consiglio, nella sua lettera, fa anche riferimento a un carteggio tra la segreteria generale del Comune e i quartieri, nel quale si precisa quali iniziative possano essere intraprese dai consiglieri in questi contesti. Un campo nomadi, spiega il segretario generale Luca Uguccioni nel carteggio, è una struttura utilizzata dal Comune per erogare dei servizi, quindi un consigliere puo’ andarci, ma solo «per ragioni del proprio ufficio e qualsiasi abuso delle informazioni assunte in tale sede può arrivare anche a costituire violazione del segreto d’ufficio». L’accesso, inoltre, «deve avvenire senza arrecare disturbo», quindi «si tende ad escludere» l’ingresso di «soggetti diversi dalla persona del consigliere comunale, quando le attività svolte in quei posti possano trovare nocumento o possano essere messi a rischio i diritti alla riservatezza degli utenti».