
L’Arabia Saudita ha annunciato la costituzione di un’alleanza «islamica» dedicata a combattere il terrorismo e subito si è scoperto che buona parte dei presunti alleati non è d’accordo con la visione di Riad. In teoria sono 33 i paesi che secondo il ministro della difesa saudita, nonché figlio dell’attuale re, Mohammed bin Salman, sono pronti a fare la guerra a tutti i terroristi in nome delle comuni radici islamiche, un elenco che ufficialmente comprenderebbe Bahrein, Bangladesh, Benin, Chad, Comoros, Costa d’Avorio, Gibuti, Egitto, Gabon, Guinea, Giordania, Kuwait, Libano, Libia, Malaysia, Maldive, Mali, Marocco, Mauritania, Niger, Nigeria, Pakistan, Palestina, Qatar, Senegal, Sierra Leone, Somalia, Sudan, Togo, Tunisia, Turchia, Emirati Arabi Uniti e Yemen.
Poi è successo che mentre i media degli Emirati glorificavano il fatto che questa alleanza dichiaratamente «islamica» possiede anche l’atomica, i possessori della bomba si sono fatti vivi dal Pakistan e si sono detti «unaware» della faccenda. Il Segretario agli esteri del Pakistan Aizaz Chaudhry infatti si è detto sorpreso e ha annunciato che chiederà spiegazioni per vie diplomatiche. Altre fonti governative hanno confermato che Islamabad non è stata consultata per niente. Una brutta figura per Riad, che già aveva annunciato la partecipazione del Pakistan alla guerra in Yemen, salvo incassare identica smentita a stretto giro di posta. Anche dal Libano e dalla Malaysia giungono voci che dicono che niente è ancora deciso e che, nelle idee dei malesiani, si tratterebbe più di una comunione d’intenti che di mandare i militari a combattere l’ISIS o qualche altro gruppo. Il ministro della Difesa malesiano Datuk Seri Hishamuddin Hussein ha detto esplicitamente che non ci sono accordi militari del tipo, nemmeno all’orizzonte. Al Libano i sauditi hanno assicurato che Hezbollah non sarebbe compresa tra i cattivi nel mirino dell’alleanza, che peraltro esclude d’impegnarsi in Yemen, che già i sauditi e alleati hanno invaso e dove ignorano smaccatamente la presenza dei qaedisti, che anzi approfittano del caos e della sostanziale impunità garantita loro. All’Egitto, altro peso massimo incluso nella lista, i sauditi hanno garantito ieri ingenti prestiti e il re ha fatto sapere di aver ordinato di soddisfare i bisogni di petrolio del Cairo per i prossimi 5 anni.
Si potrebbe probabilmente continuare a lungo così, perché la lista comprende un buon numero di paesi che hanno poche od oscure ragioni per lanciarsi in un’avventura come quella annunciata dai sauditi, ancora di più se sotto il marchio dell’Islam. Anche i paesi africani ad esempio rischiano d’impegnarsi in un’impresa che potrebbe porsi in conflitto con le politiche dell’Unione Africana, in cambio di dubbi vantaggi e di sicuri inconvenienti. Servirà qualche tempo per vedere quanti di quei 33 paesi si uniranno realmente al progetto saudita, per ora si può affermare con buona certezza che i Saud hanno annunciato un accordo che non c’è.
Pubblicato in Giornalettismo
Filippo Pacchino
21 dicembre 2015
Adoro il giornalismo da tastiera anzichè da impegno sul campo ed interviste in diretta, perchè è molto più in linea col tuttologismo odierno.
Rebloggato su: http://quantebanalita.blogspot.it/
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Davide
22 dicembre 2015
Adoro quelli che prendono in giro uno dei più esperti giornalisti di esteri che abbiamo in Italia con queste minchiate.
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Sergio
22 dicembre 2015
Adoro chi adora chi sa leggere le pagine su internet.
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