
C’è chi propone di costruire muri e chi di aiutarli a casa loro, poi ci sono quelli che vorrebbero mandarli via o, alla peggio, scegliere quali migranti tenere e quali allontanare. Tutte idee che hanno un unico comun denominatore, quello di essere inutili e irrealizzabili nella pratica.
I MURI NON SERVONO A NIENTE
Il dato principale che sfugge a chi s’oppone in qualsiasi maniera all’arrivo di migranti o rifugiati è che le persone che arrivano per i canali più avventurosi non sono pirati all’assalto dell’Eldorado, ma i più disperati, gente che accetta di mettersi con tanto di bambini su un gommone o un barcone malmesso e di provare la traversata dall’Africa o dall’Asia verso l’Europa o verso qualsiasi altra meta rischiando la vita, la loro e spesso quella dei loro familiari. Non ci sono muri o espedienti capaci di fermare queste persone, arrivare negli Stati Uniti per i centramericani è un obiettivo che vale il rischio, per le donne, di essere stuprate durante il percorso e per gli uomini di essere derubati e uccisi. Attraversano paesi pericolosissimi, nei quali la vita umana vale pochissimo, nei quali si può essere uccisi dai membri di una gang per qualsiasi futilissimo motivo, nei quali le donne si mettono in viaggio verso l’America del Nord assumendo anticoncezionali prima di partire perché hanno quasi la certezza che saranno stuprate. Non si possono fermare con un muro o con le leggi queste persone, come non si possono fermare quelli in fuga dagli orrori d’Africa e Asia, e infatti non le fermano e non fermano i loro compagni, padri e fratelli, neppure le leggi e le durezze americane, ogni anno ne entrano a centinaia di migliaia e ovviamente solo una piccola parte lo fa attraverso le vie più pericolose. Negli Stati Uniti come in Europa basta un visto turistico per entrare e stare, agire per ostacolare i flussi che scelgono le vie più impervie serve solo ad aggiungere sofferenze a quelli che soffrono di più, ma ha ben poca influenza sul numero complessivo di quelli che poi entreranno negli Stati Uniti come in Europa o altrove. Muri e blocchi fermano solo una parte dei migranti e ovviamente creano le condizioni perché un sacco di gente campi sfruttando il loro stato di bisogno indotto da una frontiera difficile da superare. Succede nel Mediterraneo con gli organizzatori dei barconi, succede in Messico con chi organizza i passaggi per gli Stati Uniti, dove i pericoli per i migranti sono enormi perché il mare che devono attraversare è il territorio dominato dai sanguinosi cartelli criminali. Di tutti i passaggi per l’Europa quello che punta all’Italia dalle coste dell’Africa è il più pericoloso, molto peggio di un muro, eppure sono migliaia le persone che rischiano la vita per affrontarlo, persone che per arrivare lì hanno a volte attraversato l’Africa a tappe, cercando di guadagnare a ogni fermata i soldi per il passaggio successivo o spendendo i soldi raccolti raccolti dalle famiglie vendendo un pezzo di terra o mandati da chi li ha preceduti con successo. Rifugiati o migranti non fa differenza, se non che i primi avrebbero diritto a un’assistenza attiva e tempestiva che s’estenda oltre ai salvataggi in mare, che si fatica a vedere.
RIMPATRIARE I MIGRANTI È INUTILE, IRREALIZZABILE E COSTOSO
I muri tirano tantissimo in politica, ma sono strumenti poco utili e creano occasioni per i criminali, resta quindi da concentrarsi sul che fare di quelli che arrivano e una delle idee di maggior successo è quella di respingerli, rimandare a casa loro quelli che arrivano senza aver titolo per restare. A parte che molti la casa non ce l’hanno più o che tornarci significherebbe la morte, la pratica dei respingimenti è costosa e spesso impossibile da realizzare anche nei confronti degli immigrati che rimandati al loro paese rischierebbero «solo» la miseria, che spesso dimentichiamo avere una dimensione ben più tragica della versione europea di miseria. Per respingere il cittadino di un altro paese con efficacia bisogna accompagnarlo fin là, il che spiega perché in Europa come negli Stati Uniti i respingimenti siano solo poche migliaia all’anno e perché quelli che abbondano inutilmente nella pratica siano appesantiti da conti pesantissimi senza ricavarne reale beneficio. Secondo dati del Viminale nei primi sette mesi del 2015 sono stati rimpatriati 8.497 migranti irregolari, se anche diventassero 20.000 alla fine dell’anno sarebbero una goccia nel mare e una spesa enorme.

I profughi siriani assistiti dall’ONU nei paesi vicini sono sistemati così. Questo è il campo di Zaatari, enorme e ormai destinato a divenire un insediamento permanente, Quelli per africani in Africa sono anche più vasti e, se possibile, peggiori
RINCHIUDERLI È UN CONTROSENSO
Concettualmente inutile è poi incarcerarli perché non vogliono andar via di loro volontà una volta colpiti da un provvedimento d’espulsione, si carica di lavoro inutile il sistema giudiziario e penale e anche in questo caso i costi sono altissimi e la capienza delle carceri comunque al limite. Poi quando escono, perché prima o poi usciranno, saranno di nuovo qui, più vecchi, più imbruttiti e più italiani di prima. Senza criminalizzarli però non si possono nemmeno rinchiudere applicando altre forme di detenzione, perché non possono privare le persone della libertà mentre lo stato decide che farne e perché l’esperienza dei CIE è stata più che rivelatrice. Inutile poi illudere gli elettori raccontando di pene da scontare nei paesi d’origine, dove non sono colpevoli di nulla e quindi non possono essere incarcerati. Pensate se nel dopoguerra i paesi del Nord Europa ci avessero rimandato i nostri immigrati irregolari chiedendoci di incarcerarli, quale governo avrebbe accettato? In cambio di cosa e in ossequio a quale principio? Dettagli che non interessano chi butta letteralmente l’osso ai cani rabbiosi, la platea che sbava odio xenofobo verso gli immigrati è di bocca buona e ripete questa ricetta senza chiedersi come e perché o cosa significhi veramente la proposta di «aiutarli a casa loro». Come si fa? Mandare soldi a regimi dalla dubbia affidabilità non sembrerebbe popolare, mandare militari è gradito ad alcuni, che però non sanno far di conto e non hanno idea di quanto costerebbe umanamente e finanziariamente e nemmeno del fatto che non è poi si possa invadere un altro paese e dettarvi legge impunemente perché da lì passano le migrazioni. Altre proposte da scartare e non solo perché comunque occorrerebbe la collaborazione di governi impotenti o di regimi criminali.
AIUTARLI A CASA LORO
Lo stesso discorso si può fare per altre idee simili, come quella di aprire dei centri d’identificazione in Nordafrica e garantire poi a chi ci arriva e a chi ha diritto un passaggio sicuro per l’Europa. Se si fosse voluto fare si sarebbe già fatto, ma non sono proposte che hanno lo scopo genuino di aiutare i rifugiati e chi ha diritto all’asilo e non fermerebbero chi non ne ha diritto, che continuerebbe a rivolgersi ai padroni dei barconi. La Germania lo fa già e ha accolto 20.000 profughi selezionati tra i più deboli e bisognosi nei campi profughi in Libano. E lo stesso farà la Gran Bretagna di Cameron, che ha deciso di accoglierne qualche migliaio per fare penitenza per dichiarazioni che hanno eccitato gli xenofobi di tutta Europa. È là ed è in Giordania e in Turchia, paesi con risorse modeste che ne ospitano milioni, che bisognerebbe andare ad aiutare o ad accogliere i profughi siriani, se mai si volesse andare loro incontro. E lo stesso bisognerebbe fare in Africa, con il rischio di riconoscere con troppa evidenza che dittature come quella Eritrea, dalla quale scappano tutti anche se non c’è una guerra, sono le principali fonti d’immigrazione di necessità verso l’Europa. Oppure di chiederci come mai i paesi del Golfo, nostri alleati che bombardano in Libia, Siria e Yemen non abbiano accolto neppure un profugo tra i tanti fratelli arabi che hanno gettato nel bisogno.
L’UNICA SOLUZIONE È ASSISTERLI
Non ci sono soluzioni che possano fermare i migranti e i rifugiati, ci sono solo soluzioni che possono mitigare e gestire i problemi posti dal loro arrivo nei paesi di destinazione nell’attesa che i loro paesi tornino vivibili in un tempo ragionevole, perché le probabilità che un profugo torni a casa sono inversamente proporzionali al tempo trascorso lontano dal suo paese. L’approccio più razionale ed economico sarebbe quello di cercare di regolarizzare e integrare al più presto tutti i nuovi arrivati che vogliono restare e dove vogliono stabilirsi. Un sistema di quote europee che imponga destinazioni a caso e non concordate sarebbe una pena per loro, che quasi sempre si muovono per raggiungere affetti o comunità affini, e un fallimento per tutti. Senza regolarizzazione non potranno mai arrivare a farsi una vita e a mantenersi da soli, resteranno invece a carico del welfare o esposti allo sfruttamento, si sceglie invece di fare il contrario, al punto di voler negare la cittadinanza ai giovani nati e cresciuti nel nostro paese e che magari parlano solo la nostra lingua, spesso meglio di molti italiani. Un’altra misura «contro» gli immigrati che ha poco senso e che infatti non ha frenato per niente l’immigrazione, ha solo contribuito a far sentire diverse e meno italiane un buon numero di persone che sono invece italiane a tutti gli effetti.
FINZIONI E FALSITÀ A BENEFICIO DEGLI XENOFOBI –
Buona parte del dibattito sull’immigrazione è quindi appoggiato su una finzione ad uso di xenofobi, razzisti o semplici ignari, che si lasciano spaventare e manipolare dalla vulgata razzista. Persone alle quali vengono offerti muri, respingimenti e soluzioni medievali quanto inutili o irrealizzabili in cambio del voto, persone che fondamentalmente sono ingannate da quanti sfruttano la loro intolleranza verso il diverso o semplicemente le loro paure. Rassicurare i timorosi è una specialità della politica muscolare che da sempre affascina la destra italiana, buona parte della quale è ancora genuinamente convinta del valore delle soluzioni di forza o ripete come un automa le solite quattro cose contro gli immigrati, denunciando invasioni di bruti che non esistono e quindi proponendo di trattarli come tali, come una minaccia. Fino a quando la destra italiana non raggiungerà le sponde della moderna Europa democratica, queste pulsioni irrazionali sono destinate a manifestarsi ancora e ancora senza soluzione di continuità, ferendo i migranti non meno di quanto inquinino il dibattito, ma all’orizzonte non si scorge alcun leader intenzionato a intraprendere questa meritoria e necessaria opera di modernizzazione dell’arcaica e rozza destra italiana. Toccherà tenerci tutto il circo e tutte le geniali proposte dei razzisti ancora a lungo, molto a lungo.
Pubblicato in Giornalettismo
lunadelfalco
5 settembre 2015
Temo purtroppo che la tua conclusione, per quanto amara, corrisponda alla triste realtà.
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ilsensocritico
6 settembre 2015
Si può dire che, almeno in alcuni casi, anche un intervento militare potrebbe essere necessario?
Nel tuo post giustamente scrivi: “ci sono solo soluzioni che possono mitigare e gestire i problemi posti dal loro arrivo nei paesi di destinazione nell’attesa che i loro paesi tornino vivibili in un tempo ragionevole“. Come rendere vivibile in un tempo ragionevole il Medio Oriente o la Libia, senza un intervento militare che stabilizzi le due regioni? Senza nulla togliere alle giustissime critiche alle precedenti guerre che le hanno incasinate.
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Stefano
6 settembre 2015
Dipende da come lo fai, l’intervento militare: bombardare a random con successiva occupazione, magari anche con comportamenti ladroneschi, ad oltranza non é esattamente il modo migliore per stabilizzare un paese (Iraq docet). L’alternativa sarebbe o formare delle “brigate internazionali”, reclutate su base volontaria fra gli stessi profughi, che agiscono dietro mandato Onu o favorire i movimenti di liberazione locali, selezionando accuratamente chi appoggiare, non come si é fatto ad esempio in Sud Sudan, dove per “proteggere i cristiani” dal cattivo dittatore (musulmano) del Nord se ne é creato uno peggiore(cristiano) al Sud.
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gaberricci
6 settembre 2015
L’ha ribloggato su i discutibilie ha commentato:
Capita molto raramente che faccia un reblog. Ma questo articolo se lo merita tutto, perché spazza il campo da tanti equivoci sull’immigrazione e merita di avere la massima diffusione possibile.
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Giuseppe Isidoro
7 settembre 2015
I muri, diffusissimi e piuttosto efficaci in passato, sono ancora presenti in moltissimi paesi, in crescita nel mondo e sempre più alti. Sono la naturale reazione dell’umanità contro l’eccesso di globalismo proposto dai mondialisti, utopici sognatori della libera circolazione degli uomini sulla Terra e dell’abolizione di ogni confine. Localismo e globalismo sono una delle facce dell’Yin e Yang. Localismo uguale diversità massima, globalismo massima uniformità. L’Isis è una forma di localismo estremo che pretende diventare generale, tu rappresenti l’idea del globalismo estremo che riduce l’umanità in una magma indistinto, che raffreddato diventa roccia nera priva di cristalli e colori. Ma la vita sulla Terra non è roccia e ha bisogno di diversità per non estinguersi.
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gaberricci
7 settembre 2015
Sarei curioso di sapere dove ha letto tutto ciò. Qui si fa solo notare che i muri sono inutili e, soprattutto, inumani. E non c’è né globalismo, né localismo: ci sono solo esseri umani in fuga da una situazione che anche noi abbiamo creato. Si tratta di accoglienza e di un po’ di responsabilità. Nient’altro.
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Giuseppe Isidoro
7 settembre 2015
In questo articolo certo che no! I muri sono una reazione naturale, inevitabile e automatica degli uomini all’eccesso di globalismo. Il murso più alto, anche se invisibile lo sta creando l’Isis, no quelli che la cieca articolista apostrofa come rozzi xenofobi. L’equilibrio tra queste due forze, localismo e globalismo, si è rotto e le consegueze si vedono già.
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gaberricci
7 settembre 2015
Cosa intende con globalismo? Come fa a dire che la costruzione di muri è una reazione naturale? Vuole dirmi che tirare su un muro non è un comportamento da xenofobo? Che secondo lei l’ISIS non è una forza xenofoba?
E comunque, l’articolista è un maschio.
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Giuseppe Isidoro
7 settembre 2015
https://giuseppeisidoro.wordpress.com/2015/05/10/profughi-migranti-ed-europei/
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gaberricci
7 settembre 2015
Sorvolando sull’ineleganza di autocitarsi, con tutto il rispetto, a me sembra che il suo articolo brilli per pressapochismo. La situazione degli immigrati ed ancora di più quella dei rifugiati è tutto, fuorché dorata: al di là delle situazioni abitative ai limiti dell’umano in cui sono “ospitati” (come i casi di Mafia Capitale ci hanno dimostrato), gli sfratti e gli sgomberi delle strutture “non allineate” sono all’ordine del giorno. Tanto per citare una delle prime cose che mi vengono sotto gli occhi.
E comunque, non basta chiamare “localisti” i razzisti, per farli smettere di essere razzisti.
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Giuseppe Isidoro
8 settembre 2015
Lo confesso, non ho molto approfondito la situazione dei sedicenti migranti per povertà, però mi pare di ricordare che le villette del CARA di Mineo fossero state costruite per i militari USA con tutti i comfort e nonostante ciò qualcuno ha pensato di massacrare due anziani coniugi per un portatile e dei telefonini. Costui chiaramente ambiva possedere, senza troppo faticare, i beni simbolo dell’occidente consumista per scimmiottarne lo stile di vita che diventa sempre più globale. Io, al contrario di quanto tu pensi, ho il massimo rispetto per le culture altrui e vorrei che nessuna cultura esistente andasse perduta, dimenticata o dissolta nell’impasto indifferenziato conseguente alla globalizzazione. Le diversità culturali che esistono tra i popoli della Terra vanno conservate, se pur profonde e purché non siano trapiantate altrove, dove già esistono altre culture incompatibili, la cui integrità ne potrebbe essere compromessa; negare le diversità è solo pietosa ipocrisia, come gli eufemismi del politicamente corretto, quando non un tentativo di uniformare l’umanità per meglio controllarla e sfruttarla, come fosse una monocoltura agricola. E’ inutile stracciarsi le vesti e tacciare di razzismo chi si limita a evidenziare tali diversità, razzista è chi abusa e approfitta della sua momentanea superiorità culturale.
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gaberricci
8 settembre 2015
Non riesco a capire cosa c’entra l’immigrazione con l’appiattimento delle culture. Anche perché, non di rado, convinzione di possedere la cultura superiore e razzismo vanno a braccetto.
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Giuseppe Isidoro
8 settembre 2015
Supponiamo, per semplicità, che l’umanità sia costituita da due popolazioni con culture distinte che vivono in aree distinte. Se una delle due emigra in toto nel territorio dell’altra, o la soppianta o la costringe a integrarsi con lei. Comunque sia, il risultato finale è una cultura unica e globale, inferiore come qualità e caratteristiche alla somma delle due culture distinte. Questo perché, anche nel caso d’integrazione, di solito una delle due (o entrambe) dovrà rinunciare a qualche sua peculiarità per convivere pacificamente. In sostanza, la globalizzazione produce un deficit di cultura. Questo ovviamente non succede con le emigrazioni alla spicciolata ma con quelle epocali. La storia insegna che queste portano a secoli bui dai quali l’umanità risorge solo riscoprendo le vestigia delle culture dimenticate.
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gaberricci
8 settembre 2015
Lei ha un’idea del Rinascimento che è quella del secolo scorso e forse anche prima, mi scusi se mi permetto. La storia e la cultura sono “cose” più complesse rispetto a come le descrive lei; soprattutto, sono cose più vive.
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Giuseppe Isidoro
8 settembre 2015
Anche a me, come a lei suppongo, piacerebbe un modo senza muri e confini, dove ogni componente etnica possa esistere pacificamente nel rispetto reciproco, ma al momento la storia insegna tutt’altro.
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gaberricci
8 settembre 2015
Ergo? Mica siamo obbligati a ripetere per forza gli errori del passato.
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Giuseppe Isidoro
7 settembre 2015
I muri, diffusissimi e piuttosto efficaci in passato, sono ancora presenti in moltissimi paesi, in crescita nel mondo e sempre più alti. Sono la naturale reazione dell’umanità contro l’eccesso di globalismo proposto dai mondialisti, utopici sognatori della libera circolazione degli uomini sulla Terra e dell’abolizione di ogni confine. Localismo e globalismo sono una delle facce dell’Yin e Yang. Localismo uguale diversità e separazione massima, globalismo massima uniformità e mescolanza. L’Isis è una forma di localismo estremo che pretende diventare generale, tu rappresenti l’idea del globalismo estremo che riduce l’umanità in una magma indistinto, che raffreddato diventa roccia nera priva di cristalli e colori. Ma la vita sulla Terra non è roccia e ha bisogno di diversità per non estinguersi.
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qoasi(@)modo
7 settembre 2015
“la naturale reazione dell’umanità contro l’eccesso di globalismo”
ah gia’! come i castori che fanno dighe per proteggere la loro bio-diversita’
eh ma va a gagher!
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Il Piccolo d'Italia
10 settembre 2015
L’ha ribloggato su Il Corsetti Poste ha commentato:
Penso che questo post di Mazzetta (uno dei blog più obiettivi e affidabili in Italia) dia, una volta per tutte, molte risposte a molte domande sciocche fatte sui migranti
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