Il 23 dicembre scorso sono stato colpito da un infarto. Senza preavviso, mentre stavo lavorando come sempre davanti al computer, ho sentito un forte dolore al petto, mai sperimentato prima. Dolore davanti e dietro, decisamente forte, insensibile ai cambiamenti di posizione o al cambio di respirazione, tanto che ho abbracciato l’idea che fosse qualcosa di grave molto in fretta, un paio di minuti al massimo.
Non sapevo molto dell’infarto, se non che la cosa più importante è raggiungere i sanitari al più presto, così insieme a mio suocero ho preso la porta di casa diretto al pronto soccorso. Il tempo d’arrivare in ascensore ed ecco la decisione di cambiare programma e chiamare l’ambulanza, che sarebbe arrivata sicuramente prima di quanto ci avremmo messo noi a trovare ascolto presso un ospedale. Pochi minuti, e all’arrivo del mezzo subito gli strumenti hanno confermato che l’evento era proprio un infarto, il blocco di una coronaria. Lo stato dell’arte dei soccorsi prevede che i dati raccolti dagli strumenti dell’ambulanza precedano il paziente all’ospedale di destinazione e così dopo pochi minuti ancora mi sono ritrovato in una stanza che sembrava dedicata agli esami radiologici, con quattro monitor che già riportavano il mio nome e i miei dati anagrafici. Il dolore persisteva inalterato e insieme a quello la mia attenzione e la disposizione a essere collaborativo al massimo, ma a quel punto la sorpresa: stavo per essere operato, lì, seduta stante, dallo stesso dottore che mi aveva appena informato del blocco della coronaria e della procedura per risolverlo con un intervento di angioplastica, in anestesia locale. Tecnica della quale avevo sentito parlare diffusamente negli anni, ma che non m’aspettavo certo potesse essere dispiegata così al volo, lì e a mio beneficio.
E invece nel giro di pochi minuti il dottor Locuratolo ha introdotto una sonda nel mio braccio destro, ha fatto in modo che risalisse attraverso la vena radiale fino al cuore e lì ha letteralmente sfondato il blocco che occludeva la coronaria, formatosi grazie ad anni di comportamenti non proprio salutari nel perfetto soggetto a rischio: un maschio fumatore che ha superato i quarant’anni. Rimosso il blocco. il sangue è tornato a fluire visibilmente nelle vene riprodotte sui monitor ed è sparito all’istante il dolore, lasciando spazio a una bella sensazione di sollievo. Alla coronaria in questione è stato poi applicato uno stent, una specie d’armatura medicata in rete d’acciaio che viene allargata fino ad aderire alla parete interna della vena grazie a un palloncino. Dal momento della chiamata dell’ambulanza al primo elettrocardiogramma normale non sono passati più di 45 minuti e questa velocità nei soccorsi è stata fondamentale per conservare l’integrità dell’organo ed evitare altri danni all’organismo. Al di là della comprensibile prudenza e dei protocolli, che prevedono un periodo d’osservazione di 48 ore, avrei potuto tornare a casa con le mie gambe già allora.
Invece sono rimasto in ospedale fino al 29 dicembre, perché il 27 sono stato operato all’altra coronaria, che non era messa tanto meglio ed era quasi del tutto occlusa. Stessa procedura, stesso ingresso attraverso lo stesso buco della stessa vena, unico segno visibile delle due operazioni insieme alle punture per flebo ed esami del sangue, nessun dolore, solo un vago sentore d’indolenzimento al petto per una mezz’ora dopo l’intervento. Per tutto il tempo della mia permanenza in ospedale ho evitato di curiosare in rete a proposito di quel che mi era accaduto, anche perché l’evidente professionalità e capacità della squadra dell’UTIC dell’ospedale San Paolo di Bari sono state decisamente rassicuranti. Arrivato nell’anno nuovo ho buttato in un motore di ricerca la definizione dell’evento e Wikipedia mi ha spiegato che:
«Circa metà dei pazienti colpiti da ischemia miocardica acuta non riescono ad arrivare in ospedale vivi; la percentuale di mortalità si riduce al 10-15% fra coloro che raggiungono i reparti di emergenza».
Ho letto questa frase più volte per pesare esattamente la fortuna che ho avuto, la velocità degli eventi e la felice risoluzione del problema non mi avevano dato il tempo di coltivare pensieri di morte e nemmeno di spaventarmi. Prima ero troppo impegnato a fare il meglio per sopravvivere e poi in breve mi sono ritrovato salvo, ma in questi numeri c’è la vera misura del pericolo che ho corso e schivato, e mi pare rilevantissima. Inoltre c’è che, tra quelli che sopravvivono, non tutti lo fanno senza conseguenze pesanti o permanenti per la salute. Numeri che quindi mi mettono decisamente tra i fortunati, visto che a parte assumere i medicinali prescritti, smettere di fumare e qualche correzione alla dieta, i medici non mi hanno prescritto altro. Potrò anche tornare a fare sport, mi han detto, anche se sarebbe un ritorno all’adolescenza visto che a legarmi allo sport ho solo ricordi remoti. Nessuna riduzione significativa della qualità della vita quindi, nessuna conseguenza nel medio-lungo periodo.
Paradossalmente dopo l’infarto sono più sano che prima, quando era un po’ come se viaggiassi con una bomba a tracolla, una bomba che avrebbe potuto esplodere in ogni momento e in circostanze molto peggiori di quanto non abbia fatto nel mio caso, nel quale ha avuto il buon gusto di decidersi a scoppiare mentre ero a tiro di un reparto d’eccellenza e più in generale in circostanze nelle quali è stato possibile ricevere i soccorsi e un intervento salvavita nel giro di qualche decina di minuti. Un insieme di circostanze che hanno fatto in modo che per me l’infarto si sia risolto in un malessere di breve durata, meno di un’ora, e con un’unica conseguenza di rilievo: convincermi a smettere di fumare. Che tanto negativa non è. Lontani i tempi nei quali gli infartuati erano condannati alla disabilità o quasi dopo lunghi periodi di convalescenza, oggi lo stato dell’arte offre una cura efficace e ben poco invasiva per eventi del genere, una cura che prevede un’ospedalizzazione brevissima e promette la risoluzione sicura e senza conseguenze dell’evento, ma solo a condizione d’intervenire in tempi strettissimi. A fare la differenza è quindi la rapidità dei soccorsi e la possibilità di raggiungere prima un’ambulanza attrezzata e poi una sala operatoria.
Pubblicato in Giornalettismo
Massi Cavallo
5 gennaio 2015
Grande!
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imbuteria
5 gennaio 2015
❤
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margaret.lucova
5 gennaio 2015
caro mazzetta, apprendo con un vero dispiacere la brutta esperienza che hai fatto. ho detto “brutta esperienza” perché so di cosa si tratta, dato che mio marito ne è stato colpito già due volte e in entrambe le circostanze il mio tempestivo soccorso gli ha salvato la vita; è stata (proprio come hai detto tu) una questione di preziosi minuti. anche se si direbbe che abbia causato più spavento e trauma a me che a lui stesso. tant’è che per agitazione, paura e forse un po’ di suggestione, una volta giunti al pronto soccorso mi ero sentita male pure io e fui sottoposta all’ecg e tutte le indagini in merito. fortunatamente, avevo semplicemente somatizzato l’evento di mio marito, e così ho potuto prendermi cura di lui al meglio. il primo infarto l’ha avuto 17 anni fa e dal secondo sono passati oltre 11 anni.
ora dovrai seguire alcuni accorgimenti, a cominciare dalle abitudini di vita: ridurre la vita sedentaria e praticare il giusto movimento (senza esagerazione), la dieta appropriata e niente fumo…ideale se ci riesci senza stress, altrimenti meglio una sigaretta…ho detto una! ;)
auguri di cuore…ops, lol! il riferimento è puramente casuale :)
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Borni8
5 gennaio 2015
E chi se lo aspettava ; fortunatamente non siamo negli Stati Uniti.
Sono felice che ti senta meglio, e’ questo cio’ che conta..leggevo poi che questo evento ti ha dato la “motivazione” per smettere di fumare e non puo’ che farti bene ( parlo da fumatore accanito di tabacchi e non )
Ancora non mi e’ mai succesos un evento simile nonostante ricada quasi perfettamente nella descrizione che dai di te stesso, ho ancora un pochino di tempo prima dei quaranta ma forse sarebbe il caso di rivedere lo stile di vita.
In ogni caso lieto di leggerti sempre
Buon Anno Mazzetta :)
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Borni8
5 gennaio 2015
Ma porca puttana, ho letto ora ora che Pino Daniele e’ morto, 59 anni, colpito da infarto..
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Oswald
5 gennaio 2015
Mi fa piacere sapere che si è tutto risolto, mi mancavanoi tuoi articoli
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Roberto
5 gennaio 2015
Felice di sapere che ora stai bene.
Daje.
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gaberricci
6 gennaio 2015
Mi stavo giusto chiedendo, sotto Natale, com’era possibile che Mazzetta, il paladino della verità da cui tutti noi dipendiamo, si fosse preso un periodo di vacanza… ora ho capito! ;-)
E comunque, visto che siamo sempre sul sito di un grande polemista, mi si permetta di fare una battuta: il tuo caso spiega benissimo perché ai soccorsi ci si riferisca col termine di “catena della vita”. Bisognerebbe spiegare che sono stati i minuti a salvarti la vita a quelli che vogliono chiudere i reparti d’emergenza…
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gaberricci
6 gennaio 2015
Ah, e ovviamente auguri, e per l’anno nuovo, e per la tua salute! :-)
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siu
6 gennaio 2015
Non sarò originale, ma anche a me sembrava strano questo tuo silenzio e anch’io, mentre sentivo la mancanza dei tuoi post, ho pensato che ti stessi godendo delle meritate vacanze da qualche parte. E dunque ho letto con stupore ma anche immediato grandissimo sollievo lo svolgimento di questa tua avventura, felicitandomi per un esito che migliore non si poteva e convinta anch’io che sei sicuramente più in buona salute ora che pria (fotogenica e bella pimpante, la tua coronaria nuova versione… :-)). Immagino quanto sia piacevole godersi lo scampato pericolo, ma lo è anche, ti assicuro, sapere che ricomincerò a leggerti.
Un abbraccio!
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emilianorossi
7 gennaio 2015
il nostro corpo è importante. noi siamo (anche) il nostro corpo.
la società che non spinge perché ci si dimentichi di avere un cervello spinge anche perché ci si dimentichi di avere un corpo.
mi fa piacere tu ce l’abbia fatta.
occhio con lo sport: per un fisico non allenato è troppo.
camminate, bicicletta.
scarpe larghe (prova le minimaliste – barefoot) così rinforzi tutti i muscoli e non solo quei tre che ti permettono di stare in piedi.
è divertente avere un corpo.
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emilianorossi
7 gennaio 2015
ops.. la società che spinge, senza “non”
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Robin
7 gennaio 2015
contento che avete ritrovato la buona salute,auguri per 2015
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Gianfranco
7 gennaio 2015
Mi associo anch’io alle felicitazioni e agli auguri per un buon 2015.
Al diavolo la sigaretta, la salute innanzitutto! :)
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Pasquale
7 gennaio 2015
Auguri e ben tornato.
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adamant
8 gennaio 2015
Anche se in ritardo
“bonne année
bonne santé”
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Marco Binotto
8 gennaio 2015
Mi spiace. Forza e auguri, ora ci servi più che mai…
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Andrea
10 gennaio 2015
Solidarietà e abbracci. Dalle mie parti si dice “Te gita ben”
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Tino Balduzzi
12 gennaio 2015
Meno male. Senza di te sarebbe ancora più difficile.
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atlantropa
29 gennaio 2015
Mi unisco agli altri.
Anzi: se ad un certo punto sei a Bari e ti va di farti una partitella a pallone “all’amicizia”, mandami una mail.
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