L’ideatore di Pavlok è Maneesh Sethi, personalità indubbiamente vulcanica con un grande intuito per il marketing, che ha assemblato un dispositivo per certi versi inquietante, al di là delle sue stesse intenzioni, che sono quelle di realizzare un «personal coach» da vendere in milioni di esemplari.
La pagina di Indiegogo sulla quale ha tentato la via del crowdfounding segnala numeri trionfali, con appena 250.000 dollari raccolti su 50.000 di obbiettivo iniziale. Un risultato che fa pensare che il dispositivo entrerà effettivamente in commercio, aprendo nuovi orizzonti verso distopie inquietanti.
L’oggetto viene venduto come assistente utile a liberarsi delle cattive abitudini e il sistema che impiega per farlo è quello pavloviano. Come ai cani di Pavlov, il dispositivo dispensa ricompense e punizioni al fine d’indurlo a comportarsi nella maniera desiderata. Se sul fronte della ricompensa il dispositivo lascia qualche dubbio, pare vibri ed emetta suoni piacevoli, è sul piano della punizione che si segnala in maniera del tutto innovativa. Pavlok infatti somministra una scarica elettrica dolorosa quando il suo utilizzatore non si comporta bene. Il dispositivo è stato presentato sotto forma di braccialetto, ma si può anche indossare attaccato alla pelle con un adesivo.
La logica di tutta l’operazione è che il sistema, regolato dall’utente, funzioni da aiuto nel mantenere i proprio propositi. I limiti del dispositivo, evidenti, è che le sue capacità di cogliere automaticamente i comportamenti dell’utente si limitino a quelle dei suoi sensi. Per operare Pavlok si «appoggia» a uno smartphone (collegandosi in Bluetooth) e alla relativa App, c’è un add-on per Chrome che permette di mettere limiti alla navigazione in rete (su quel browser) e di ricevere la scossa quando si eccedano, così come c’è un sensore che può rilevare se si dorme troppo o se il limite minimo di passeggiata quotidiana è stato rispettato, ma il bracciale ad esempio non dà la scossa in automatico se fumi troppo o se dici le parolacce, perché si tratta di comportamenti che occorre «confessare» alla macchina se si vuol essere puniti.
A essere inquietanti non sono quindi le prestazioni di Pavlok, ma il fatto stesso che sia ormai tecnicamente possibile realizzare dispositivi del genere, che in un prossimo futuro potrebbero essere usati estesamente a scopo didattico, ma anche per il controllo sociale o quello dei lavoratori, vista la facilità con la quale potrebbero essere attivati a distanza da sistemi di controllo più sofisticati. Già ora si potrebbe applicare a un cane e usarlo come una catena virtuale, per il domani si può solo pensare a impieghi più sofisticati, volti a «correggere» comportamenti umani indesiderati. L’idea di Sethi è potenzialmente molto più inquietante di quanto possa apparire brillante a prima vista, e non solo perché i metodi educativi di Pavlov sono da sempre considerati poco consoni all’educazione di uomini e donne.
Pubblicato in Giornalettismo
sydbarrett76
5 dicembre 2014
decisamente inquietante…
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marcell_o
5 dicembre 2014
quindi ne uscirà anche una versione da sexy shop?
o una versione per i poliziotti cattivi?
oddio, per i poliziotti americani la scarica elettrica dovrà essere fulminante, altrimenti non sarebbe efficcace
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zimone
10 dicembre 2014
non capisco il senso. perché inquietante? se si vogliono impartire punizioni corporali basta impartire punizioni corporali. non serve un braccialetto che dà la scossa
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fausto
12 dicembre 2014
Il braccialetto non porta con sé né dubbi né problemi etici; niente sentimenti, niente coscienza. Agisce e basta. Questa è una cosa che non puoi ottenere da una schiera di guardie in carne ed ossa: alla fine qualche falla si manifesta sempre.
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mazzetta
12 dicembre 2014
senza considerare la differenza di costo e di praticità
per non dire della possibilità che prima o poi non diventi un dispositivo imposto da qualcuno per disciplinare qualche altro
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zimone
30 dicembre 2014
Continuo a non essre d’accordo ma grazie per le risposte. I ‘dubbi e i problemi etici’ legati al braccialetto sono uguali a quelli legati alla decisione di impartire punizioni corporali, visto che sono degli esseri umani che decidono a chi mettere il bracciale e quando impartire la punizione. Il vostro ragionamento avrebbe senso se tutto a un tratto ci ritrovassimo schiavi della dittatura di un computer.
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fausto
30 dicembre 2014
Mandare un uomo con la frusta significa dover sentire urla e vedere gente che sanguina. Schiacciare bottoni non è la stessa cosa: chi macella da un ufficio non ode nulla e non si sporca.
Questo meccanismo è fondamentale già oggi, con le guerre per procura gestite tramite missili e droni: nessuno dei cittadini delle nazioni mandanti vive la sofferenza delle vittime. E quindi i casi disponibili mi portano a pensare che sia una pessima idea subappaltare alle macchine l’esecuzione di attacchi alle persone. Minore il contatto con le vittime, maggiore la gravità degli abusi commessi.
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zimone
31 dicembre 2014
I mandanti non odono mai e non si sporcano mai. Per assurdo, è anche vero che i bracciali non hanno il sadismo degli esseri umani. Da quello che dici sembra che pensi sia più grave ammazzare uno con una pistola che a mani nude. Il luddismo nell’ambito dei meczzi di tortura di fa un po’ ridere.
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fausto
31 dicembre 2014
Il danno prodotto dai colpi inferti “a distanza” – tramite aerei per dire – è piuttosto evidente. Come è evidente la differenza rispetto ad una guerra tradizionalmente intesa.
Non ci sono veterani che tornano a raccontare orrori nella guerra con i droni; problema insito in generale nella guerra aerea. Non è un dettaglio, e non è un problema di mandanti: è tutto un problema di esecutori umani piuttosto che meccanici.
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