Lo stato di Palestina è una realtà, tanto che è stato accolto all’ONU con lo status di «Non Member Observer State» e che oggi il nostro paese ospita una «Ambasciata» palestinese, mentre prima ospitava la «Delegazione» palestinese in Italia. La qualifica di stato Osservatore non ne indebolisce lo status, la Svizzera lo ha avuto per mezzo secolo e il Vaticano lo conserva ancora senza che nessuno si sia mai sognato di negare che sono stati o affermare che sono meno stati di altri. Anche l’ambasciata d’Israele in Italia si rivolge ufficialmente al rappresentante palestinese in Italia con il titolo di «ambasciatore», riconoscendo in tal modo in maniera implicita l’esistenza dello stato di Palestina.
E questo stato palestinese esiste entro i confini della nota risoluzione ONU del 1967 e ha come capitale Gerusalemme Est. E questa Palestina ha già riconosciuto Israele e il suo diritto ad esistere entro i confini del ’67 ormai da anni e più volte. Il problema è semmai che Israele non ha riconosciuto la Palestina e nemmeno i suoi stessi confini, per cui si è venuta a creare la bizzarra situazione per la quale quasi tutti i paesi del mondo riconoscono l’esistenza della Palestina entro i confini del ’67, tutti i paesi del mondo (inclusi gli Stati Uniti) riconoscono Israele con i confini del ’67 e capitale Tel Aviv, mentre Israele non riconosce i suoi stessi confini, non riconosce l’esistenza dello stato palestinese e proclama Gerusalemme indivisa sua capitale. (P.s. per ovviare all’inconveniente il governo israeliano chiede ora il riconoscimento di Israele come «stato ebraico» e lamenta questo mancato riconoscimento, ma è una pretesa che non ha fondamento nel diritto internazionale, un mero esercizio di propaganda)
Questa è la situazione di diritto oggi, ed è bene tener presente che il riconoscimento tra stati è irreversibile, non può essere sottoposto a condizioni e si compie anche implicitamente, come ad esempio elevando il grado della rappresentanza diplomatica da Delegazione ad Ambasciata (che non è il caso del nostro paese, tra i favorevoli nel voto all’ONU) o anche intavolando trattative tra governi o tra ambasciatori, come nel caso d’Israele e del suo ambasciatore. Lo stato di Palestina quindi esiste anche se completamente occupato o recintato da Israele e dotato di scarsissima autonomia in quanto prigioniero della potenza occupante, perché per sancire la sua esistenza legale basta e avanza il numero di paesi che ne hanno già riconosciuto l’esistenza, chi non lo ha fatto non rileva essendo un numero modestissimo di paesi. Lo status infatti s’acquisisce solo ed esclusivamente con il riconoscimento dei pari e una volta ottenuto è per sempre, visto che da tempo per il diritto internazionale la conquista non è più un titolo utile per rivendicare addizioni o sottrazioni territoriali.
L’esistenza dello stato di Palestina è quindi nota, certa almeno dal 29 novembre 2012, e la sua definitiva consacrazione è stata annunciata anche con un certo rumore a suo tempo, eppure esistono ancora persone che negano questa solare evidenza. Ad esempio il signor Vittorio Pavoncello, che nel suo profilo Twitter si presenta come «Member European Jewish Parliament, Presidente Maccabi Italia, Sionista convinto, innamorato della Roma e del Maccabi. Blogger @HuffPostItalia», non quindi uno sprovveduto, con il quale oggi ho avuto un lungo scambio, dal quale a un certo punto è emerso dicendo:
Convinzione ribadita ancora e ancora anche a distanza di tempo e dimostrazioni:
Ora, a parte che la decisione all’ONU fu presa con un voto 138 a 9 (Canada, Repubblica Ceca, Israele, Isole Marshall, Micronesia , Nauru, Panama, Palau e stati Uniti), 41 astenuti, e che i paesi a maggioranza musulmana nel mondo sono appena 47 , è chiaro che il signor Pavoncello oltre a una matematica incerta esibisce un negazionismo preoccupante, visto che non si può certo sospettare che non sia al corrente del quadro giuridico nel quale è incastonato il conflitto israelo-palestinese e neppure può pensare che il fatto che Israele sia isolata all’ONU, tolga valore al riconoscimento della Palestina, quasi che fosse stato un dispetto motivato dall’odio per Israele e non il riconoscimento di una situazione radicata nel diritto internazionale da più di mezzo secolo. Un negazionismo doloso e per niente esclusivo, sono in parecchi infatti quelli impegnati a negare l’esistenza dello stato di Palestina con grande sprezzo della verità:
Perché lo facciano è abbastanza evidente, trattandosi per lo più di maldestri e disonesti difensori delle ragioni d’Israele, ma l’impressione è che molti altri non sappiano che la Palestina oggi è uno stato o ci facciano poco caso, tanto che spesso anche quelli impegnati a «spiegare bene» le cose se ne dimenticano.
Eppure non è un dettaglio secondario, perché Israele non attacca solo Gaza, ma tutta la Palestina, e anche perché la rappresaglia di oggi era stata annunciata fin da aprile contro l’accordo con il quale Hamas e Fatah hanno formato un governo d’unità nazionale, impegnandosi ad andare a breve a elezioni. Israele, che già spinse e assistette Fatah al golpe dopo la vittoria di Hamas nelle prime elezioni libere di Palestina, oggi sta attaccando lo stato di Palestina, non solo Gaza e ancora meno solo Hamas, perché è nel suo interesse che il paese non si dia mai un governo presentabile, visto che la sola esistenza di Hamas sembra legittimare il governo israeliano a compiere periodiche stragi a Gaza e a peggiorare ogni giorno le condizioni nelle quali sono detenuti i palestinesi anche in West Bank, in aperto spregio delle leggi che regolano i doveri della potenza militare occupante.
Supermercato Sisa Calleia Raimondo
18 luglio 2014
Ḥamās, è un’organizzazione palestinese, di carattere politico, paramilitare e terrorista secondo l’Unione Europea, in base alla Posizione comune del suo Consiglio (2005/847/PESC del 29 novembre 2005),[3] gli Stati Uniti[4] e l’Australia.[5]
Fondata dallo Shaykh Ahmad Yasin, ʿAbd al-ʿAzīz al-Rantīsī e Mahmud al-Zahar nel 1987, sotto la pressione dell’inizio della Prima Intifada, come braccio operativo dei Fratelli Musulmani, per combattere lo Stato di Israele, la cui presenza nella Palestina storica viene considerata illegittima. Durante la Seconda Intifada, nel periodo che va dal 2000 al 2005, ha effettuato svariati attentati suicidi contro l’esercito israeliano e contro la popolazione civile dello Stato ebraico, che hanno provocato centinaia di vittime civili e militari.[6] Statuto di Hamas propone la cancellazione dello Stato di Israele e la sua sostituzione con uno Stato islamico palestinese. La stessa Carta dichiara che “non esiste soluzione alla questione palestinese se non nel jihad”
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mazzetta
19 luglio 2014
commento del tutto fuori tema e irrilevante, che c’entra con l’esistenza dello stato palestinese?
e forse che in Israele non esistono organizzazioni politiche che negano l’esistenza stessa dei palestinesi?
questo lo lascio con il monito in allegato, altri commenti così OT saranno rasati senza pietà, così come qualsiasi tentativo di replica a questo messaggio.
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margaret.lucova
19 luglio 2014
il supermercato voleva dar da intendere che l’orco cattivo è la palestina. sta di fatto che, anche fosse vero, ne avrebbe buoni motivi.
sarebbe interessante vedere come reagirebbe questo signore se, contro ogni regola del buon senso, qualcuno decidesse che il suo supermercato non è suo..
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mazzetta
19 luglio 2014
lo so, ma buono e cattivo sono categorie che non rilevano per il diritto internazionale, e ovviamente a metterla sul piano dei buoni e dei cattivi sono quelli che disconoscono il diritto internazionale e lo sostituiscono con un delirante diritto dei presunti buoni a fare quello che vogliono
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Max Cady
19 luglio 2014
La Terra e’ una ed e’ Israeliana ; lo stato palestinese esiste nelle menti filo arabe di qualche rimasuglio no global
La policy made in USA e’ una farsa ; questo in primo luogo a causa della profonda ignoranza fra i diversi ‘statisti’ americani in riguardo alla questione
Regalare uno Stato ad un popolo che non ha altre leggi che quella islamica e’ uno scherzo di cattivo gusto, cosa vogliamo? Un altro Iran? Beh, NO GRAZIE. I Palestinesi sono gia’ abbastanza vessati dalgi arabi stessi ‘ lasciamo che l’egitto se occupi. Ops, ma non e’ l’egitto di 30 anni fa o piu’ eh no, gli estremisti non li vogliono neanche li’
E allora vedi mazzetta come queste malsane idee su di uno stato palestinese ( pensa, ci sarebbero quindi persone che lo negano, come se esistesse veramente ) siano nulla piu’ che postulati basati su di un internazionalismo morto e sepolto con l’ezln
Questa gente non e’ solo una minaccia reale, incombente e terrorista per Israele ma per l’Europa intera che andra’ trasformandosi sempre piu’ in una direzione di multiculturalismo confessionale che andra’ difesa con le unghie e con i denti
אין שום דבר שהכחיש כאשר אין בעיה
הידד ישראל חופשית
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margaret.lucova
19 luglio 2014
@Max Candy ma la conosci la storia israelo-palestinese??
io sono rimasta che c’era la palestina che con le guerre mondiali ha subito un afflusso massiccio degli ebrei, talmente massiccio da non essere più nemmeno in grado di fronteggiarlo. sono rimasta che a quel punto, nel 1947, per decisione dell’onu, palestina viene divisa in due stati separati, uno arabo e uno israeliano. pare che palestina non ne fosse molto contenta…giustamente. e infatti, i primi conflitti sono nati allora. la nascita dello stato d’israele risale al 1948. nel ’49, israele aveva già occupato il 79% del territorio palestinese…
ora, vedi un po’ te se è nato prima l’uovo o la gallina.
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mazzetta
19 luglio 2014
non ci sono “malsane idee su di uno stato palestinese “, c’è lo stato palestinese e poi ci sono i negazionisti che rifiutano la sua esistenza come quella dei palestinesi. È proprio come quelli che negano la Shoa o come certi esponenti di Hamas, il criminale che scrive “La Terra e’ una ed e’ Israeliana” senza ritegno e nega qualunque realtà lo contraddica.
Un fanatico con l’incubo del multiculturalismo come Breivik, una vergogna e una minaccia per tutti
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fausto
19 luglio 2014
Già, perché il vero problema non è metter righe su una cartina: il problema vero è l’apartheid che vige ormai solo in quell’ultimo territorio del mondo.
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mazzetta
19 luglio 2014
senza le righe vige solo a legge del più forte, il diritto è l’unica alternativa alla legge del più forte
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atlantropa
20 luglio 2014
Perdonami ma queste sono cazzate.
Innanzitutto i confini, qualora “controversi”, sono decisi dagli stati che li condividono mediante trattati internazionali; l’assetto permanente dei territori occupati è da sempre l’oggetto dei negoziati noti come “processo di pace”, mentre se fosse come dici tu non ci sarebbe nulla da negoziare [purtroppo invece il quadro internazionale, a cominciare dalla 242, è parecchio ambiguo, o almeno proposto come tale]; se Israele ha dei confini precisi con Egitto, Giordania e Libano è proprio perchè sono stati firmati dei trattati bilaterali; i “confini” del ’67, perlatro, non sono mai stati confini, ma semplicemente le linee armistiziali del ’49.
Che Tel Aviv sia la capitale di Israele è un’altra fesseria, peraltro storicamente cara alla wikipedia italiana, ma che non ha alcun senso logico e giurisprudenziale, perchè si fonda su due errati presupposti: che la presenza a Tel Aviv di un’ambasciata di un dato soggetto implichi che quella sia la capitale di Israele per quel soggetto; che il mancato riconoscimento di Gerusalemme come capitale di Israele attenga alla questione dell’esistenza di uno stato arabo di Palestina che comprenda parte di Gerusalemme [non è esattamente così: il mancato riconoscimento risale al ’49, per quello che alle Nazioni Unite fu vissuto come uno sgarbo da parte di Israele, che all’atto del suo ingresso nell’ONU aveva promesso di attenersi alle disposizioni della 181; e viene rafforzato dalla 486 che sanziona la promulgazione di una legge di livello costituzionale che proclama Gerusalemme “indivisa” capitale di Israele].
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mazzetta
20 luglio 2014
non ci sono confini controversi, se non in aree veramente minime, l’unica cosa da negoziare è cosa fare della colonizzazione illegale e a quali condizioni Israele è disposto a ritirarsi da territori sui quali non ha e non può accampare il minimo diritto.
I negoziati infatti partono e sono sempre partiti dai confini del ’67 e han sempre fatto riferimento a quelli. Quello che è successo nel ’49 oggi non ha alcuna rilevanza, per quello che attiene i confini secondo il diritto internazionale. Parimenti non rilevano le dichiarazioni unilaterali di questo o quello quando non siano riconosciute dalla comunità degli stati. Anche per Washington la capitale d’Israele è Tel Aviv, tutto il resto sono -pretese- e basta. https://www.youtube.com/watch?v=Li-M3qIrl4c Non è Wikipedia che dice che Gerusalemme non è la capitale, è il Dipartimento di Stato e se ti servono conferme senza dubbi http://unitedwithisrael.org/jerusalem-or-tel-aviv/ ecco chi si lamenta del fatto che Gerusalemme non sia riconosciuta come capitale da nessuno. Similmente i confini del ’67 sono tali perché riconosciuti dalla comunità internazionale, unico foro abilitato a tale scopo.
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atlantropa
20 luglio 2014
I confini sono controversi, il processo di pace a Taba si è arenato essenzialmente su quattro sassi sacri; è chiaro che il processo di pace non ha un numero immenso di gradi di libertà, tanto che ad un certo punto si diceva spesso che sostanzialmente, da entrambe le parti, mancava solo chi avesse il coraggio di firmare; ma le risoluzioni ONU non prescrivono nulla di preciso (non bisogna confondere le dichiarazioni messe a verbale in fase di voto nel SC su come certi stati interpretassero la 242 con la risoluzione in sè) e come si dice in questi casi nothing is agreed until everything is agreed.
Che l’esecutivo USA (non gli USA) non riconosca Gerusalemme come capitale non vuol dire granchè: semplicemente in nessun documento ufficiale dell’esecutivo si parlerà di Gerusalemme come capitale di Israele; è una questione politica, non troppo dissimile da quando Veltroni decise di usare una contorta parafrasi in luogo di un semplice Berlusconi; di qui a dire che la capitale è Tel Aviv ci passa il Rio delle Amazzoni.
La comunità internazionale non può decidere di imporre dei confini; può fare pressioni presso l’una e/o l’altra parte, ma non ha potere decisionale, almeno afaik.
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mazzetta
20 luglio 2014
per il diritto internazionale non sono controversi, la Palestina è stata riconosciuta con i confini del ’67 e Gerusalemme Est come capitale, fai tu. Lo so che è dura accettarla per alcuni, ma tant’è. Il mancato riconoscimento di Gerusalemme dice eccome, così come quello della Palestina, poi ciascuno è libero di raccontarci sopra tutte le cose che vuole e tirarci anche in mezzo Veltroni, ma la Palestina esiste, è riconosciuta, non è territorio controverso come non lo sono le alture del Golan e ormai non ci può far niente nessuno.
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atlantropa
20 luglio 2014
Mazzetta, stai leggendo tra le righe cose che non esistono.
Io leggo sempre il tuo blog, lo cito in continuazione, della sua esistenza ti sono grato, insomma non sono certo qui per romperti le scatole o criticare tanto per.
Inoltre non ho alcun dubbio che il maggior ostacolo al processo di pace in questo momento sia Israele (nel giro di soli vent’anni la classe politica è decaduta in maniera disarmante, il diobattito pubblico è collassato sotto i colpi del nazionalismo, e molti storici ed intellettuali sono tristemente rientrati nei ranghi).
Però quello che dici in questo articolo è pieno di falle.
Innanzitutto Gerusalemme è la capitale di Israele per il semplice motivo che è lì che dal (credo) dicembre ’49 si riunisce la Knesset; capisco che politicamente questa cosa possa essere problematica e/o che intorno ad essa si giochino questioni politiche importanti (come la basic law con cui Israele pruomoveva Gerusalemme, “unita ed indivisa”, a capitale de jure ); ma appunto: il non riconoscimento è una faccenda eminentemente politica, non giuridica.
La Palestina è stata certo ammessa alle Nazioni Unite (di cui comunque, purtroppo, non è ancora membro) come stato osservatore, tuttavia la stessa ammissione in AG non avviene specificando confini e capitale!
Idem per il riconoscimento internazionale: si riconosce la soggettività di un attore, ma non necessariamente pure confini e capitale.
È vero che la comunità internazionale (e la stessa Israele, vedi la sentenza della corte suprema sulla defensive fence) si aspetta che lo status permanente sia qualcosa di simile ai confini del ’67; però nella 242 si parla di terra in cambio di pace, e finchè qualcuno potrà dire che non c’è pace, allora l’esistenza dello stato arabo coi confini del ’67 (di cui personalmente sarei contentissimo) potrà essere differita.
In generale, la mia personalisima opinione è che il problema cardine dei palestinesi sia, prim’ancora di Israele, proprio la comunità internazionale (dalla 181 in poi; ricordo ad es. che fino a metà anni ’70 nel wording di Nazioni Unite e numerosissimi stati la parola “palestinese” era tabù, parlandosi sempre genericamente di rifugiati e profughi); metterla nei termini per cui il quadro internazionale sarebbe chiaro ed il problema solo un’Israele riottosa ad ottemperare mi pare, oltre che falso, pure un pessimo servizio alla causa palestinese.
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mazzetta
20 luglio 2014
ma no, è proprio che il riconoscimento è cosa politica, ma soprattutto ha valore giuridico -costitutivo- tanto che è l’unico modo per il quale possa nascere uno stato. L’essere o non essere membro dell’ONU o “osservatore” non inficia il suo essere pienamente uno stato, perché nessuna di queste 2 condizioni rileva.
E no, la Palestina è stata riconosciuta con i confini del ’67, come Israele, i confini si riconoscono eccome, funziona per i paesi interi come per le piccole zone di confine.
E sì. il quadro giuridico è chiarissimo, solo che da anni c’è chi dice che no, perché a una parte conviene. La stessa parte che se ne frega se costruire colonie è un crimine come se ne frega di tutte le altre guarentigie che il diritto internazionale pone e protezione delle popolazioni che vivono sotto una “potenza occupante”. Perché questo è lo status d’Israele, ed è “occupante” anche rispetto a Gaza, ed è uno status che comporta doveri che Israele non ha mai ottemperato, in molti casi procurando sostanziali lesioni dei diritti umani dei palestinesi tutti.
Ti dirò di più, il quadro è tanto chiaro che ora http://www.thedailybeast.com/articles/2013/06/07/re-ort-europe-threatens-to-back-palestinians-at-icc-over-continued-settlement-construction.html Israele teme conseguenze giudiziarie che prima non temeva, perché l’ICC di Moreno-Ocampo (http://www.haaretz.com/weekend/jerusalem-babylon/1.591596 che ora campeggia in Israele rassicurando i gentili ospiti e che si è coperto d’infamia durante il mandato) negava di avere giurisdizione perché la Palestina non era uno stato. Ora lo è anche a questi effetti.
Tra l’altro non capisco, i palestinesi non si possono difendere militarmente, se procedono a costituirsi stato e a firmare le convenzioni internazionale non va bene neppure quello, c’è qualcosa che possono fare a parte assecondare l’espansionismo israeliano o no?
Capisco i filo-israeliani, ma che senso ha negare l’evidenza e l’esistenza della Palestina per gli altri? Ormai lo stato di Palestina esiste e per questo le vecchie risoluzioni risultano superate e inservibili, non sarebbe meglio riflettere sul nuovo quadro legale di riferimento invece di ritornare sempre a un dibattito vecchio, trito e superato sia nei fatti che nei presupposti di diritto?
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atlantropa
21 luglio 2014
Ma io, a differenza di tale Pavoncello, non nego affatto che la Palestina sia uno stato; anzi, se è per questo secondo Quigley (. “The Palestine Declaration to the International Criminal Court: The Statehood Issue”) lo è almeno dagli anni ’80; inoltre sono d’accordissimo sui benefici che potenzialmente le derivano dall’etichetta di “stato” ricevuta nel 2012 (su cui ricordo anche il tuo pezzo); trovo che queste discussioni in punta di diritto internazionale siano, al netto di poche qualificate e marginali questioni (quali quella da te menzionata della giurisdizione dell’ICC), poco rilevanti, ma non per questo mi metterei a negare la statualità di tizio o cajo.
Quello che nego è che:
1. “tutti i paesi del mondo riconoscono l’esistenza della Palestina entro i confini del ’67”: non è vero, basti dire che i tre membri permanenti occidentali non la riconoscono affatto (ed un riconoscimento senza Europa e Nord America è a dir poco monco); da vedere, poi, quanti, tra gli stati che la riconoscono abbiano preso ufficialmente posizione sulla questione dei confini;
2. “tutti i paesi del mondo (inclusi gli Stati Uniti) riconoscono Israele con i confini del ’67”; non è vero, al più può esserci sostanziale comunione di vedute su cosa sia territorio occupato (e conseguentemente l’illegalita degli insediamenti), ma i confini sono da sempre oggetto di [da sempre futuri] negoziati, e questioni come quella di Gerusalemme Est sono ben lungi dall’essere sbrogliate [se poi parliamo di aspettative, o del processo di pace dagli anni ’90 a Taba ok];
3. “tutti i paesi del mondo (inclusi gli Stati Uniti) riconoscono Israele con […] capitale Tel Aviv”: questa è una fesseria; senz’altro il fatto che a Gerusalemme (in senso stretto) non ci siano più ambasciate è di enorme significato; però non quello che gli vuoi conferire tu. In particolare trovo completamente infondata l’idea che uno stato possa decidere quale “a suo modo di vedere” la capitale di un altro stato: la capitale è la sede di certi edifici, pertanto capirei senz’altro una contestazione nel caso Israele avesse spostato qualcuno di questi edifici nella parte Est; ma così non è! Inoltre, pure volendo stare al gioco l’idea che “la tua capitale secondo me” sia la sede della mia ambasciata sarebbe comunque problematica, sia perchè già potrebbero esistere delle eccezioni, sia perchè si tratterebbe di capire che succede in assenza di missioni diplomatiche straniere (gli stati piccoli ospitano pochissime ambasciate, eppure non mi risulta che questo crei un problema di riconoscimento internazionale delle rispettive capitali).
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mazzetta
21 luglio 2014
1. invece è vero, anche di recente gli Stati Uniti e la UE sono stati unanimi nel dire che i confini dai quali deve partire il negoziato sono quelli, perché sono quelli riconosciuti da tutti, anche da chi non ha riconosciuto la Palestina come gli stessi Stati Uniti, che in tutte le dichiarazioni ufficiali da sempre fanno riferimento esplicito a quelli
2. il fatto che non siano sbrogliate non toglie che chi riconosce Israele lo faccia “entro i confini del 67” come per la Palestina e senza riconoscere Gerusalemme capitale
3. già detto sopra, ovviamente per gli israeliani non rileva, ma visto che nel caso parte di Gerusalemme è “palestinese” ed è la sua capitale, per il diritto internazionale rileva eccome, tanto che al Dipartimento di Stato rifiutano di dire che Gerusalemme è capitale d’Israele anche quando provano a farglielo dire. A parte tutto, la cosa rileva “solo” per le pretese israeliane su Gerusalemme Est, senza quel “indivisa” nessuno avrebbe obiettato, ma quella è una specie d’annessione-non-annessione alla quale la comunità internazionale ha risposto seccamente per non lasciare dubbi al riguardo della sovranità su Gerusalemme est.
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atlantropa
21 luglio 2014
1. e 2. “i confini dai quali deve partire il negoziato sono quelli [del 67]” ≠ “tutti i paesi del mondo riconoscono l’esistenza della Palestina entro i confini del ’67″.
Quigley, che se capisco bene ritiene che la statualità deve essere dedotta dalla prassi nelle relazioni internazionali, e che nel caso della Palestina mi pare asserirla addirittura sin dalla prima metà del novecento, dice però chiaramente: “recognition does not require that there be certainty about the precise borders of a state. Israel, for example, is recognized by many states even though Israel’s borders are not defined”.
Qui la voce di en.wiki sul riconoscimento internazionale della Palestina; inutile che mi metta a virgolettare le numerosissime posizioni ufficiali di esplicito non riconoscimento.
3. Il non riconoscimento di Gerusalemme come capitale risale al ’49-50, ben vent’anni prima dell’occupazione di Gerusalemme Est, e segue dal fatto che Israele, in fase di ammessione alle NU, aveva promesso di attenersi comunque alla 181, che prevedeva la temporanea internazionalizzazione di Gerusalemme: “l’approvazione di una nuova risoluzione (la 303 del 9 dicembre ’49) che riproponeva l’internazionalizzazione della città provocò la decisa reazione del governo israeliano. Quattro giorni dopo l’esecutivo dichiarò il provvedimento «totalmente inapplicabile» perché «violava i diritti naturali e storici del popolo che abita in Sion». Fu deciso di trasferire a Gerusalemme quasi tutti i ministeri e la Knesset. Il 23 gennaio 1950 il parlamento approvò una risoluzione che dichiarava Gerusalemme capitale dello Stato ebraico. La mossa non venne riconosciuta dal consesso internazionale. Americani e inglesi furono i capofila di una resistenza che si tradusse nel mancato trasferimento delle ambasciate da Tel Aviv” [Pieraccini, Dusi, Gerusalemme, un accordo impossibile?, Limes 1 2001].
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atlantropa
21 luglio 2014
Peraltro sui confini Abu Mazen avrebbe detto: “A Palestinian state is a truth recognized by the world, and we are now leading a battle to have its border recognized”.
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mazzetta
21 luglio 2014
“about the precise borders of a state”, che infatti possono essere solo chiariti con l’accordo tra i vicini, “The EU supports a Palestinian state within the pre-1967 borders, with only minor modifications mutually agreed” questa è la posizione dell’Europa, degli Stati Uniti e di tutti gli altri paesi, espressa pubblicamente nei decenni e ribadita ancora oggi, quindi un riconoscimento a pieno titolo. Israele inoltre non ha mai rivendicato o annesso quei territori, il che non li rende per niente contesi, visto che il mancato riconoscimento da parte israeliane non cancella una realtà nella quale quei confini sono riconosciuti dal resto del mondo.
ll problema è tutto negli espedienti retorici degli israeliani, basta non dargli lo stesso peso che ha il diritto internazionale e il quadro si chiarisce e si semplifica molto, su quei territori Israele non può accampare alcun diritto e questo dovrebbe essere indiscutibile per chiunque in buona fede, se ne vuole una parte deve trattare con la Palestina e siglare un trattato, altro modo non c’è.
p.s. e resta da notare che la Palestina ha ri-ri-ri-riconosciuto Israele
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Walter
20 luglio 2014
nelle prime lezioni di diritto costituzionale si descrivono i tratti caratteristici di uno stato: territorio, popolazione, sovranità. E’ evidente che lo stato di Palestina, al di là delle dichiarazioni d’intenti, nella realtà non esiste ancora.
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mazzetta
20 luglio 2014
La sovranità la esercita, dove non la esercita è per i limiti posti dall’occupante. Sarebbe bizzarro se occupando un paese e annientandone il governo il paese scomparisse, non trovi? Popolazione e territorio direi che siano indubitabili.
Posto che comunque l’ONU e molti altri paesi non condividono questa tua bizzarra interpretazione o che erano tutti distratti quando hanno riconosciuto alla Palestina lo status che ora può vantare indiscutibilmente e che, ricordo, non può essere disconosciuto né contestato,
l’unica alternativa è quella di non riconoscerlo, determinazione che secondo molti Israele non è riuscito a portare fino in fondo, visto che ha trattato da stato a stato con il governo di Palestina e chiama ambasciatore il suo ambasciatore. Il riconoscimento vale anche se fatto implicitamente attraverso atti tipici dei rapporti tra stati ed è ugualmente irreversibile. La Palestina esiste ufficialmente per il diritto internazionale, per l’ONU e anche per il governo italiano -entro i confini del ’67- , chi voglia metterlo in dubbio ha di fronte a sé una china invalicabile, bilivmi, perché il riconoscimento ha carattere costitutivo e una volta che c’è non c’è più niente da dire o da fare per negarlo.
P.s. ci hai fatto caso che tutte le fonti o quasi sorvolano sull’esistenza dello stato di Palestina? secondo te è perché irrilevante, che lo disconoscono e alcuni addirittura lo negano?
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giovanni
20 luglio 2014
qualcuno si è mai chiesto perchè i piddini hanno creato l’unica sezione del partito in Israele, a Gerusalemme occupata?
http://it-it.facebook.com/pages/Circolo-PD-Gerusalemme/230045817060373
http://www.huffingtonpost.it/2013/12/14/un-circolo-pd-a-gerusalemme-il-primo-della-zona-apre-i-battenti-sotto-la-neve-foto_n_4445781.html
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