
Posto che il Senato, diversamente da quanto prospettato dal Renzi e Berlusconi, non sparirà tanto presto e che nella proposta di legge depositata oggi è indicata anche la nuova procedura elettorale per il Senato, c’è un inghippo che salta immediatamente agli occhi, perché non c’è un solo ballottaggio, che ne sono due, uno per ciascuna camera.
Senato e Camera procedono giustamente separate sia nei calcoli relativi al raggiungimento o meno della soglia critica oltre la quale scatta il premio di maggioranza, che nell’assegnazione e nel conteggio dei seggi che determinano chi accede ai ballottaggi nel caso che si debbano tenere. Sembra ragionevole, ma rende la nuova legge elettorale a rischio di riprodurre la situazione attuale in fotocopia, se non peggio.
Camera e Senato hanno una base elettorale diversa anagraficamente e diversi collegi elettorali, questo vuol dire che nel caso di risultati vicini, un partito potrebbe arrivare a cogliere il premio di maggioranza in una sola delle due camere ed essere costretto ad andare al ballottaggio nell’altra.
Ma c’è di peggio, prendendo spunto dalla situazione attuale che vede tre partiti più o meno vicini nelle aspettative di voto, si potrebbe addirittura verificare il caso che i ballottaggi di Camera e Senato si svolgano con due coppie di partiti o coalizioni diverse, con effetti tutti da esplorare, che possono interessare anche i secondi arrivati. Il PD potrebbe ad esempio trovarsi al ballottaggio di una camera contro FI e nell’altra contro il M5S e persino perderli entrambi. Più semplicemente, potrebbe conquistare una camera e non l’altra. Invertendo i fattori il risultato non cambia, se le tre formazioni arrivassero tutte a tiro del 30% o comunque molto vicine, rischi del genere diventerebbero una realtà con la quale confrontarsi necessariamente e allora addio governabilità sicura. Che è il valore più cantato di questa legge, che dovrebbe far saltar fuori a forza una maggioranza assoluta anche se il primo partito raccoglie appena tra il 20 e il 30% dei consensi.
Invece no, l’Italicum non offre nessuna certezza del genere, ma semmai la possibilità di tornare in corsa e conquistare la maggioranza anche al secondo e al terzo partito nelle preferenze degli elettori, con discrete probabilità che la maggioranza delle due camere possa risultate in mano a partiti o coalizioni diverse e persino sfuggire del tutto al partito che ha conquistato la maggioranza relativa.
Anto
23 gennaio 2014
Bravo!
Se fanno un emendamento per rimediare lo devono chiamare “emendamento Mazzetta”!
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giovanni
23 gennaio 2014
e l’esempio con i tre partiti intorno al 30%, per cui basta pochissimo di differenzaper essere dentro il ballottaggio e vincerlo, non ha considerato un altro scenario ancora più agghiacciante:
Camera
A = 34.9%
B = 20.1%
C =20%
Senato
A = 34.9%
C = 20.1%
B = 20%
ballottaggio camera:
A=34.9 vs B=20.1+20 di C (i due partiti minori si promettono il voto a vicenda per far fuori il maggiore), 35 a 40 che sul 100% diventa circa 47 a 53%., quindi vince B
ballottaggio senato:
stessa storia, con C vincente.
Quindi un partito che vince con largo distacco al primo turno, ma non arriva per pochi voti al premio di maggioranza, può finire all’opposizione ovunque.
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fausto
31 gennaio 2014
Tutto descritto in modo corretto, ma in definitiva potevamo faticare meno notando che queste proposte non sono altro che una estensione gravemente peggiorativa dei difetti del porcellum. Se la scelta è di quel genere, le percentuali impiegate cambiano di poco la situazione.
Intrigante la posizione di B. che odia le preferenze. Li vuole proprio nominare lui gli eletti, tutti quanti, non è disposto ad accettare nessuna intromissione da parte degli italiani. Chissà se gli italiani ci hanno pensato in questi giorni. E dire che i parlamenti di nominati ormai abbiamo visto a cosa servono.
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