Roberto Berardi, abbandonato da tutti nelle terribili prigioni di Obiang

Posted on 30 settembre 2013

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La penosa storia di Roberto Berardi e della sua Eloba, vittima della prepotenza del figlio del dittatore equato-guineano e ignorato da tutti a parte parenti ed ex dipendenti, che cercano disperatamente di portare la sua storia all’attenzione delle autorità e dell’opinione pubblica.

La Guinea Equatoriale è una delle peggiori dittature africane, retta fin dal 1979 dal miglior sopravvivente tra i dittatori africani, occasionalmente seduto su un mare di petrolio. Il paese ha oggi il maggior reddito pro-capite del continente, superiore a quello di molti paesi sviluppati, ma oltre il 75% della popolazione, sopravvive con meno di un dollaro al giorno, anche se i cittadini equato-guineani sono meno di 700.000 e lo stato incassa miliardi di dollari all’anno, pur svendendo le ricchezze del paese. Il potere degli Obiang si fonda sulla repressione sanguinosa e sistematica di qualsiasi dissenso, Teodoro ha conquistato il potere liquidando lo zio, per il regime del quale faceva il temuto capo della polizia segreta. Un regime che ha una reputazione allineata a quella di Corea del Nord.

Così spiega la sua disavventura un piccolo imprenditore edile italiano con una discreta esperienza d’Africa, Roberto Berardi, in un accorato appello a chi possa aiutarlo:

Temendo per la mia vita , scrivo nella speranza che qualcuno possa e voglia aiutarmi ad uscire da una situazione che mi vede protagonista e che mi ha portato, da incolpevole, ad
essere detenuto nelle carceri della Repubblica di Guinea Equatoriale ormai da 4 mesi senza nessun capo d’accusa e senza prove a mio carico..
Mi chiamo Roberto Berardi, ho 48 anni e ho passato metà della mia vita in Africa come imprenditore edile e costruttore strade. Ho vissuto in vari stati africani, e negli ultimi 2 anni in Guinea Equatoriale, dove ho fondato un’impresa, la Eloba Costruccion. Conoscendo le leggi Africane e avendo sempre fatto del mio meglio per rispettarle, anche qui mi sono adeguato alla consuetudine che vuole che ogni imprenditore sia associato con un partner locale, e nel mio caso è stato espresso l’interesse da parte del Sig. Teodoro Nguema Obiang Mangue, vice Presidente nonché figlio del Presidente, Teodoro Obiang Nguema Mbasogo. Ovviamente lusingato, abbiamo iniziato la nostra collaborazione. Col tempo mi sono stati affidati diversi appalti, per avviare i quali , nella maggior parte dei casi, ho fatto affidamento sulle mie forze economiche, contando poi di rientrare dei miei esborsi a pagamenti effettuati. Sembrava procedesse tutto bene fino a quando ho riscontrato delle anomalie contabili e movimentazioni sui conti di cui non sapevo nulla. In una discussione con il Sig. Vicepresidente, mio socio al 60%, ho chiesto chiarimenti, ottenendo come unico risultato quello di essere prelevato nella notte dalla mia casa, strappato alla mia famiglia e tradotto in carcere.
Accusato di furto, privato del passaporto, e sottoposto ad ogni genere di controllo, che peraltro non ha prodotto nessun addebito a mio carico e non ha riscontrato nessun comportamento scorretto o appropriazione indebita. Nonostante tutto, anche in assenza di accuse precise, vengo ancora detenuto, mi viene negata la possibilità di rientrare in Italia, e di rivedere i mie figli, ai quali manco da oltre un anno, privato di ogni sostegno economico, isolato dal mondo e privato di ogni contatto con l’esterno, senza poter ricevere cure mediche, e alimentazione insufficiente. La mia famiglia sta tentando in ogni modo di coinvolgere gli organi preposti del Governo Italiano, fino ad ora senza risultati. Governo Italiano, fino ad ora senza risultati. Prego chiunque ne abbia la possibilità di aiutarmi a tornare nel mio paese, raggiungendo il limite. Sono consapevole dei numerosi problemi che attualmente gravano sul nostro paese, ma spero che qualcuno trovi un momento per prendere a cuore il mio caso, tentando un intervento diplomatico con il Presidente Obiang e consentirmi di porre fine a questa ingiusta detenzione,prima che sia troppo tardi.

Porgo i miei ossequi confidando nell’aiuto da parte della mia Nazione.

Grazie.

Per la precisione Berardi è stato arrestato il 19 gennaio, è stato ai domiciliari tra l’11 febbraio e il 6 marzo e infine condannato e rinchiuso nella prigione di Bata, la maggiore città del paese. Il 26 agosto i giudici lo hanno condannato a 2 anni e 4 mesi di reclusione o al pagamento di 1,2 milioni di euro d’ammenda, che Berardi e la sua famiglia non possiedono. La versione che vuole Berardi innocente e che non tiene conto della pronuncia della giustizia equato-guineana appare fondata, oltre che sulle parole di Berardi e degli ex dipendenti italiani di Eloba, su tre solide evidenze: la prima è quella che la giustizia nel paese è completamente asservita al regime, che è notoriamente spietato, la seconda è che “Teodorin” Obiang è noto per essere corrottissimo e incline agli abusi quando gioca in casa. La terza è che esiste un riscontro da parte delle autorità statunitensi delle parole di Berardi, Teodorin infatti ha usato oltre un milione di dollari della Eloba per acquistare memorabilia di Michael Jackson e altre schiocchezze con le quali decorare la sua villa di Malibù, da oltre 30 milioni di dollari.

roberto berardi

Villa sequestrata dalle autorità americane come provento del riciclaggio di denaro proveniente dalla corruzione, perchè il figlio di Teodoro Obiang con il suo stipendio ufficiale di ministro dell’Agricoltura e delle Foreste (all’epoca, ora è vicepresidente) non avrebbe potuto guadagnare nemmeno in 100 vite. Se poi si pensa che con un’azione simile le autorità francesi gli hanno sequestrato altre proprietà immobiliari di lusso e una scuderia di auto tra le più costose al mondo o che il giovane ha ordinato la costruzione di uno yacht da quasi 300 milioni di dollari, si può capire come Teodorin abbia avuto poca difficoltà a regolare i conti con Berardi alla sua maniera e prima ancora ad usare Eloba come schermo e fonte di finanziamento per i suoi acquisti. Per di più il processo americano a Teodorin comincia tra poco e Berardi potrebbe anche essere un pericoloso testimone a carico, visto che difficilmente il governatore della banca centrale o altre istituzioni del paese testimonieranno mai contro il pupillo del dittatore. Resta in ogni modo dimostrato che la disavventura occorsa a Berardi è occorsa identica ad aziende con le spalle più grosse di quelle della sua, che sono finite infognate nel paese e vittime di abusi e tagliaggiamenti di ogni genere, molte di quelle che hanno fatto affari con Obiang sono rimaste variamente truffate o creditrici di somme che non vedranno mai.

Berardi da quando è detenuto ha avuto 4 attacchi di malaria ed è stato bastonato diverse volte, anche se quella di Bata non è la famigerata prigione di Black Beach a Malabo, le prigioni guineane sono note per la loro durezza almeno quanto il regime è noto per il ricorso alla tortura e alla repressione più brutale. Gli ex dipendenti e la famiglia sono riusciti a farlo visitare dalla Croce Rossa americana, che avrebbe confermato i pestaggi, ma che in questi casi non rilascia dichiarazioni per non rischiare di vedersi negato l’accesso alle prigioni in futuro. Peggio sembra essere andata con le istituzioni del nostro paese, che nel paese non ha una rappresentanza. Il console Italiano con competenza sulla Guinea Equatoriale sta in Camerun, si chiama Pontesilli e avrebbe provato a contattare i presidente Obiang senza molti risultati, non è stato possibile nemmeno ottenere una visita consolare. Peggio ancora è andata con il il nunzio apostolico in Camerun, monsignor Piero Pioppi che: «… ci ha risposto che, per non perdere le generose donazioni di Teodoro Obiang preferisce tenersi estraneo al caso”. E la Farnesina? «la Farnesina sa tutto da subito, ma ci rispondono in modo evasivo e assolutamente insoddisfacente. abbiamo chiesto di fare domanda di grazia, ma non fanno nemmeno quello.»

Una disavventura terribile per Berardi, ma anche per la dozzina d’italiani che con lui avevano raggiunto Bata dalla zona di Latina, da cui anche l’imprenditore proviene. Quando la situazione è precipitata per fortuna buona parte di loro erano in ferie in Italia, chi era nel paese è prudenzialmente scappato, tutti hanno lasciato averi e abitazioni che ora dicono essere state svaligiate, nessuno di loro ha ricevuto spettanze e stipendi arretrati. Secondo gli ex dipendenti Berardi, oltre a perdere tutto ha anche perso quanto investito, perché Obiang ha sempre spazzato ogni entrata rivendicandola come “commissione” per l’ottenimento degli appalti. Come molti occidentali che operano nel paese, Berardi era stato invitato proprio dal giovane Obiang, che aveva apprezzato i suoi lavori in Costa d’Avorio e Camerun, dove Berardi ha vissuto per 16 anni senza problemi. Putroppo l’italiano non sospettava di avere a che fare con una persona simile e quando ha cominciato a mangiare la foglia scoprendo le spese per l’acquisto del guanto di Michael Jackson e dei sequestri negli Stati Uniti e in Francia ha affrontato Obiang senza sospettare il pericolo al quale andava incontro e senza sapere che poteva finire anche molto peggio come sia andata in effetti.

Quel che resta di questa vicenda è la conferma non necessaria delle pessime qualità del regime degli Obiang e della sistematica tendenza di Teodorin (così soprannominato per distinguerlo dal genitore) a rovinarne l’immagine con azioni da viziato sperperatore delle ricchezze nazionali all’estero. Leggendarie le sue feste di compleanno con star della musica internazionale arruolate con cachet milionari e altrettanto leggendaria l’arroganza con la quale in patria si muove seminando il terrore in chiunque non sia veloce ad assecondare i suoi desideri e la sua rapacità, a differenza del padre infatti è particolarmente portato all’ostentazione e sembra proprio intenzionato a sfidare su questo campo gli emiri del Golfo, anche se la sua non è famiglia d’emiri, ma una delle più probabili candidate a finire primo o poi davanti al Tribunale Penale Internazionale o fatta fuori quando i suoi tutori occidentali ne sentiranno il bisogno. Non è un caso che Obang si sia schierato anche di recente all’ONU contro il diritto di “ingerenza umanitaria”, una minaccia esistenziale per un regime come il suo.

Quel che resta di questa vicenda è anche l’ennesima conferma della collusione di certe nunziature apostoliche con le peggiori dittature e, molto peggio, della ritrosia della nostra diplomazia a farsi tutrice della sicurezza degli italiani all’estero, anche quando le circostanze portino Roma a confrontarsi con un dittatore che regna su meno di un milione d’abitanti e che deve affidarsi a una guardia di mercenari stranieri per conservarsi al potere. Nemmeno questa sembra essere una missione possibile per la Farnesina, nemmeno ora che al ministero degli Esteri c’è un’esperta nella difesa dei diritti umani come Emma Bonino. L’unica speranza per ex dipendenti, amici e parenti di Berardi è che il caso riesca ad avere una risonanza tale da smuovere l’indifferenza delle istituzioni italiane e spingerle a fare pressione su Teodoro. Il vecchio presidente spende fortune per migliorare la pessima immagine del paese e non ci tiene per niente all’attenzione negativa dell’opinine pubblica internazionale, al punto che ha graziato dopo pochi anni persino il manipolo di golpisti britannici e sudafricani che ha cercato di rovesciarlo nel 2004, dopo averli processati a favor di stampa e condannati all’ergastolo. Diversamente non resterà che sperare che Berardi riesca a sopravvivere alle pessime condizioni di detenzione e ad andarsene dal paese una volta scontata la pena, ma anche per la considerazione secondo la quale gli italiani all’estero non possono contare troppo sulla protezione del loro governo e nemmeno sulla sua disponibilità a spendersi per loro.

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Pubblicato in Giornalettismo

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