Caso Snowden, da che parte stare

Posted on 26 giugno 2013

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Non sono proprio amletici i dubbi che aleggiano sul caso, ma nessuno sembra interessato ad affrontarli e a scioglierli, c’è piuttosto la tendenza a evadere le grandi questioni di principio a costo di rifugiarsi nella banalità o nella partigianeria, pur di non affrontare evidenze sgradevoli.

LE COSE CERTE – Ci sono alcuni punti fermi che si possono dare per accertati in seguito alla denuncia da parte di Edward Snowden e alle reazioni che ne sono seguite, sulle attività di NSA. Il primo di questi è che le agenzie americane e britanniche spiano sistematicamente le comunicazioni elettroniche del resto del mondo e dei loro stessi cittadini. Attività illegale in patria e ovviamente da considerare ostile dal punto di vista dei paesi spiati, nemmeno su questo ci sono dubbi e lo dimostra tutta la storia delle corti segrete e delle procedure segrete istituite in spregio alla costituzione americana per nascondere attività che sarebbero vietate dalla stessa.

A COSA SERVE – Un altro punto fermo è che tale sorveglianza non è mirata ai “terroristi”, ma alla tutela degli “interessi degli Stati Uniti d’America” e in subordine della Gran Bretagna. Lo dimostra l’estensione pervasiva della sorveglianza e il fatto che i paesi più spiati siano Cina e Germania, non certo covi di terroristi islamici, quello della lotta al terrorismo islamico è stato solo il pretesto che ha permesso dal 2001 in poi di potenziare le capacità di un apparato già elefantiaco e già dedito a perseguire gli stessi scopi, ma con meno mezzi.

L’UOMO IN FUGA – Un altro punto fermo è che Edward Snowden aveva solo due possibilità volendo denunciare la mostruosità che ha potuto toccare con mano: tentare la fuga o finire tombato in una galera per almeno trent’anni con un regime carcerario  prevedibilmente afflittivo, oltre a rischiare di subire i trattamenti “inumani e degradanti” come quelli che la stessa giustizia americana ha riconosciuto di aver inflitto a Bradley Manning. L’uomo che ha rivelato una lunga catena di comportamenti criminali e d’intrighi,  divulgando i cable della democrazia statunitense e affidandoli a Wikileaks e che, invece di scappare e rivendicarsela, ha preferito provare a rimanere nell’ombra e nascosto negli Stati Uniti. Com’è finito Manning si sa, e la sua vicenda è la prova provata che Edward Snowden è in pericolo e intitolato al diritto d’asilo.

I FURBETTI – Non sono mancati gli ufficiali dell’amministrazione che hanno provato a negare questa solare evidenza, dicendo che affidandosi alla protezione di paesi come Cina, Russia, Cuba, Venezuela ed Ecuador, senza criticarli, Snowden dimostrerebbe la falsità delle sue intenzioni. E che i suoi veri motivi non hanno nulla a che fare con la difesa delle libertà d’internet e di quella d’espressione. Questa posizione è ipocrita e delirante, spiegherò perché, ma non ha mancato d’ispirare o di sedurre molti commentatori, che si sono schierati in trincea contro quello che è chiaramente identificato come un nemico, una persona impegnata in atti ostili e dannosi. Un risultato abbastanza clamoroso in questo senso è  possibile osservarlo nell’Amaca di Michele Serra di ieri, potente nel dimostrare come una scarsa e ingannevole comprensione del caso abbia portato Serra a milioni di miglia dalla realtà, spingendolo alla produzione di un esercizio di trombonismo assoluto.

 Se essere sorvegliati è sempre sgradevole, essere sorvegliati dallo Stato è meglio che essere sorvegliati dalla Mafia, e le strade pattugliate dalla polizia fanno meno paura (almeno a me) delle strade percorse da criminali o da bombaroli.
Il sospetto è che Snowden – tutti gli Snowden – non si pongano questo problema. Non si pongano – cioè – il problema della politica, se non nella sua sottospecie “nessuno osi interferire nella mia vita”. Sono bravissimi a dire Io, e dell’individuo hanno fatto un tempio. Ma a quali nuovi equilibri (e dunque a quali nuovi poteri) essi affidino la tutela della libertà, l’esercizio della legge, la repressione dell’odio e della violenza, non è davvero chiaro. Speriamo lo sia a loro: perché hanno vent’anni, e noi non li avremo mai più.

COMMENTARE ALLO SBARAGLIO – Pare evidente che nel caso non si parla delle strade pattugliate dalla polizia, ma delle case, delle caselle di posta , dei computer e anche delle telefonate. Non è dato sapere se Serra lo ignori o lo sottovaluti, ma è altrettanto chiaro che ha nemmeno cercato di saperlo, come non ha cercato di capire le motivazioni di Snowden, che pure s’è spiegato con parole semplici. Una pessima prova, ma anche questa ha una sua utilità didattica. L’effetto, voluto o no, è quello di depistare l’opinione pubblica portandola lontana dall’unica riflessione che veramente vale la pena di spendere in un caso del genere. Posto che il modello che emerge è quello di uno spionaggio degno di uno stato totalitario e che le rivelazioni di Snowden non hanno fatto altro che permettere di fare il punto dell’evoluzione di una realtà che era già tale negli anni ’70, ma che ora armata della capacità d’intercettare e conservare quasi tutte le conversazioni e gli scambi di dati sul pianeta ha assunto un aspetto inquietante, non solo per gli americani.

CHE FANNO GLI STATI UNITI? – Un aspetto inquietante che anche l’amministrazione Obama fa di tutto per tenere nascosto, fondandosi primariamente sull’argomento che tale sorveglianza sia puntata verso l’esterno ed esercitata con estremo ritegno verso l’interno. Al netto del fatto che non è vero, la realtà con la quale si devono confrontare tutti i cittadini e tutti i paesi del pianeta è quindi quella che vede gli Stati Uniti registrare, elaborare e conservare tutti i loro dati e tutte le loro comunicazioni, usandoli poi per difendere o sostenere “gli interessi degli Stati Uniti”. Inutile dire che se tale attività originasse in Iran o in Russia le reazioni di molti commentatori sarebbero state diametralmente opposte, ma non è per niente il caso d’accontentarsi di sottolineare una partigianeria tanto sconsiderata.

UN DIBATTITO LIBERO E APERTO? – L’amministrazione Obama ha dato il benvenuto al dibattito su NSA, ma al dibattito non potrebbe partecipare Snowden  se fosse rimasto in America e non hanno potuto partecipare altri che hanno rivelato azioni scorrette o criminali e sono finiti sul banco degli imputati perché per farlo hanno violato qualche “segreto”. Al “dibattito” in effetti stanno partecipando in pochi, non c’è stata nessuna ribellione, ma anzi preoccupanti segni d’assuefazione e conformismo, indegni del mito americano della land of free, gli americani sembrano più attratti dalla caccia a Snowden che alle sue rivelazioni, che pur non essendo tali gli potrebbero procurare una condanna pluridecennale.

LE DEMOCRAZIE SPARITE – Tutti quanti si preoccupano del fatto che Snowden sia finito tra le braccia di governi che non hanno alcun rispetto per le libertà e i diritti fondamentali nascondono e nel farlo si nascondono e ci nascondono l’amara verità per la quale a Snowden non è offerta alcuna alternativa. Il primo scandalo, l’aspetto più sconcertante di questa vicenda è che Snowden non possa pensare di trovare asilo in una delle grandi democrazie europee o anglosassoni, ciascuna delle quali potrebbe legittimamente opporre il diritto d’asilo politico a Washington anche in persistenza di trattati d’estradizione e accordi bilaterali. Nessuno impedisce alla Francia di accogliere Snowden come ha accolto gli italiani accusati di terrorismo negli anni ’70 e nessuno lo impedisce ad altri paesi, ma nessuno di questi paesi si è fatto avanti, fosse solo per togliere un potenziale strumento di facile propaganda dalle mani di Mosca e Pechino. E nessuna delle grandi democrazie ha pensato in precedenza di spendersi per Julian Assange, che non ha mai fatto altro che diffondere, come dovrebbe fare ogni giornalista e come hanno fatto insieme a lui altri giornalisti, documenti d’importanza storica e giudiziaria fondamentale. Evidente invece il trappolone ordito in tandem da Svezia e Gran Bretagna, che lo ha costretto prima ai domiciliari presso un ospitale e benestante britannico e poi a un anno chiuso dentro l’ambasciata dell’Ecuador a Londra, il tutto senza che a suo carico sia mai stata formalizzata alcuna accusa. Assange è il testimone più ricercato del mondo, perché lo vogliono interrogare per l’ennesima volta in merito a un caso per il quale da due anni non hanno ancora formalizzato alcuna accusa e che è fondato su presupposti noti quanto in tutta evidenza inconsistenti.

SNOWDEN 2

DOVE SONO I DEMOCRATICI? –  Il problema non è che Snowden trovi riparo approfittando dell’ostilità di altri paesi agli Stati Uniti, ma semmai che di fronte a una deriva paurosamente totalitaria e fuori controllo delle operazioni di spionaggio americano, di fronte a Guantanamo, alle rendition, alle torture, alla persecuzione di Manning e Assange e a molto altro ancora il cosiddetto “mondo libero” ha taciuto al gran completo, girando la testa in un’altra direzione o collaborando con entusiasmo. Sono le grandi democrazie che hanno lasciato cadere anche formalmente la bandiera della difesa dello stato di diritto, dei valori della costituzione americana, del diritto internazionale e persino del valore della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo all’iniziativa sparsa e scoordinata di una banda più o meno improvvisata d’attivisti e giornalisti che attualmente sono i soli che garantiscono ai cittadini di tutto il mondo di sapere -almeno- come stanno le cose e di poterle apprezzare nella loro vera luce.

LA CODA DI PAGLIA – Non stupisce che molti commentatori,  cullati per anni dalla lenta deriva verso la più plateale illegalità e dal confortevole essere parte di un establishment che oggi è sotto accusa per aver ignorato e sopito una situazione scandalosa che si trascina ormai da anni e che ha tragicamente fatto scempio dei diritti fondamentali di americani e no, al punto che oggi cinesi e russi possono rispondere alle critiche di chi li accusa d’implementare una sorveglianza di stampo totalitario, limitandosi a ribattere che gli Stati Uniti fanno molto peggio nei confronti dei cittadini, delle aziende e delle istituzioni di tutto il mondo. O anche che a Guantanamo o nelle carceri private statunitensi, i diritti dei detenuti non sono meno calpestati dei condannati ai lavori forzati nei due regimi ancora fedeli allo stile totalitario, che fu del blocco comunista. Non per niente molti osservatori hanno paragonato lo spionaggio americano al quello iconicamente infame della DDR, per concludere che è ancora più pervasivo.

I FREEDOM FIGHTERS – Non sbaglia Snowden e non sbagliano Bradley e quanti sono finiti sotto accusa per dimostrare e denunciare questa deriva, sbagliano le anime belle che non capiscono che qui non si tratta di allearsi con la Russia o la Cina, ma di difendere gli Stati Uniti da un nemico che li sta rodendo dall’interno e che li ha già allontanati quanto mai dai fondamentali democratici, spingendoli a diventare terribilmente simili a Russia e Cina, sia nella pretesa di controllo totale, che nella repressione brutale dei dissidenti che hanno il coraggio d’opporsi, pubblicamente o meno, a questa evidente deriva.

DRIZZARE LA SCHIENA IN FRETTA – È quindi una grave responsabilità, quella che s’assumono commentatori e politici occidentali quando minimizzano quello che sta accadendo o quando si prestano a deviare il dibattito  sulle avventure di Snowden e sulle sue motivazioni. Il tutto dopo aver già digerito con l’indifferenza persino le azioni, le sofferenze e le rivelazioni di Manning, dal valore storico, giornalistico e politico incommensurabile, eppure dimenticate in fretta nonostante abbiano avuto e avranno un effetto sensibile e permanente sulla postura dell’unica superpotenza planetaria a anche molto più in là.

DEMOCRAZIE ALLA DERIVA – La deriva statunitense dopo il 2001, e a ruota quella di Gran Bretagna, Canada, Australia e Nuova Zelanda, dovrebbe preoccupare ogni sincero democratico e ogni persona che faccia il tifo per la libertà, che dovrebbe tenerci a che gli Stati Uniti non si tramutino in potenza ostile e opaca in balia di oligarchie irresponsabili o di migliaiaia di contractor che non offrono alcuna affidabilità nemmeno ai loro datori di lavoro, ma che hanno le mani e gli occhi su ogni minuto segreto del resto del mondo. Il problema non è che Russia e Cina siano come sono, ma che gli Stati Uniti per certi versi ne siano diventati difficilmente distinguibili e che nemmeno l’alternanza apparentemente democratica dei presidenti americani riesce a scalfire il  consenso bipartisan al Congresso, che quando s’arriva alle decisioni che riguardano la sicurezza nazionale s’affida alla parola dei rappresentanti delle amministrazioni e delle agenzie, autorizzando azioni e programmi segreti dei quali i legislatori non sono neppure informati, ma che negli ultimi hanno sostenuto con un unanimismo e un entusiasmo degni di un Politburo. E il tutto a prescindere dalle violente e contemporanee manifestazioni di parte contro il presidente, sia da parte dei democratici con Bush che dei repubblicani per Obama, l’approvazione delle numerose ferite alla legalità costituzionale e internazionale sono state tutte approvate con poco interesse e grande consenso, potenziando moltissimo il complesso militar-industriale e depotenziando moltissimo i contrappesi costituzionali e i diritti umani e civili di cittadini e stranieri.

IL COMMA 22 È NIENTE – Un agire che ha creato situazioni francamente imbarazzanti e impresentabili, soprattutto perché per coprire abusi e illegalità sono stati impiegati il segreto e la sua stessa protezione con una forza e una frequenza mai viste prima negli Stati Uniti, nemmeno ai tempi della Guerra Fredda. Le corti segrete che emettono autorizzazioni e pareri segreti hanno prodotto situazioni paradossali, persino una sentenza sull’incostituzionalità delle stesse corti, che però essendo a sua volta segreta non ha potuto produrre effetti ed è emersa solo a distanza di anni.

QUELLI CONSAPEVOLI – Una deriva pericolosa, che però è affrontata con circospezione e prudenza da tutti, a cominciare dalle grandi corporation americane, che hanno trovato più conveniente piegarsi e farsi complici, che resistere a una pressione evidentemente intesa ad evadere la legge e a comprimere o violare i diritti fondamentali dei cittadini degli Stati Uniti e del resto del mondo. Illuminante in questo senso è la trascrizione di un incontro tra Julian Assange e il CEO di Google Eric Schmidt dalla quale emergono evidenti la consapevolezza della gravità problemi da parte di Google e dall’altra la subalternità dell’azienda alla lettera della legge. Legge che è riconosciuta assurda e ingiustificabile, tanto che lo stesso Schmidt mostra comprensione e persino l’intenzione di aiutare Assange e Wikileaks, nei limiti di quella discutibile legalità, a conoscere quali dei membri di Wikileaks sono oggetto di curiosità e indagini segrete degli Stati Uniti. Non proprio il comportamento che ci si aspetterebbe se fosse convinto di trovarsi di fronte a uno sconsiderato criminale paranoico, come alcuni amano dipingere Julian Assange e nemmeno il comportamento di chi è convinto che queste misure siano fondate e negli interessi del suo paese, della sua azienda o della sua persona.

UNA DERIVA CHE DURA DA TEMPO – L’evidenza preoccupante è quindi quella per un vistoso allontanamento degli Stati Uniti dai fondamentali democratici, sintetizzata dalla famosa battuta per la quale a forza d’esportare democrazia ne sono rimasti a corto, una deriva che si consuma nell’indifferenza o con l’omertosa complicità delle democrazie più o meno grandi e dei grandi araldi del pensiero liberale e libertario, dei tradizionali araldi del diritto alla privacy come ad esempio dei protagonisti delle furiose polemiche sulle intercettazioni telefoniche nel nostro paese, che erano uno scandalo perché quelle ordinate dalla nostra magistratura erano disposte con troppa abbondanza e poco rispetto della privacy dei non delinquenti. Ma che ora  trovano perfettamente normale minimizzare l’attività degli americani che si risolve nello spionaggio sistematico e indiscriminato dei nostri politici, della nostre istituzioni e associazioni e persino delle nostre aziende e dei loro movimenti bancari.

INVECE DI DIVAGARE – Quello che Michele Serra e quei giornalisti e politici che hanno divagato malamente sulla questione dovrebbero preoccuparsi di pensare e di chiedersi, non è tanto che vantaggio possano trarre russi e cinesi dalle azioni di Snowden o se sia meglio essere spiati da Washington o da Pechino. ma di cosa accadrebbe se Washington diventasse simile a Pechino e Mosca nel rispetto dei diritti fondamentali e della libertà d’espressione e di cosa sarebbe il caso di fare per evitare che questo succeda e perché s’inverta l’evidente deriva autoritaria, oppressiva e anti-democratica che è stata la cifra evidente delle amministrazioni Bush prima e di quelle di Obama poi. Se Snowden, Assange, Bradley e quelli che li supportano sono un’armata bìBrancaleone che si batte in difesa della democrazia e dei diritti umani senza capirci troppo, sarebbe il caso di non lasciarli soli in questo immane compito e magari di di sollecitare i tanti politici e giornalisti che campano riempiendosi le bocca con la parola libertà, a fare lo stesso, in nome di un’America e un mondo più liberi e democratici, l’unico vero antidoto a modelli come quello russo o quello cinese.

Pubblicato in Giornalettismo