C’era un volta il Bahrein

Posted on 24 aprile 2012

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Per capire la natura del regime del Bahrein può bastare anche questo breve filmato di circa un minuto e mezzo, nel quale si vede una banda di devastatori fare irruzione in un negozio e poi intendersela allegramente con i mercenari dell’emiro. Se qualcuno coltivasse dubbi sul montaggio, c’è anche la versione non editata, più lunga.

Questo incidente, come molti altri simili, è accaduto in un negozio che appartiene a un quartiere o una famiglia o una persona che il regime giudica troppo vicino alla protesta. Non si tratta di semplice repressione, ma del più puro squadrismo e il fatto che sia proseguito imperterrito durante la settimana del Gran Premio di Formula Uno, lascia immaginare cosa possa essere successo nei mesi durante i quali il regno è stato quasi impenetrabile per giornalisti e curiosi.

Va avanti così dal 14 febbraio dell’anno scorso, da quando i cittadini del Bahrain, la maggioranza sciita e non solo, scesero in piazza chiedendo la sostituzione del primo ministro, che è zio del re e al potere da quarant’anni, meno corruzione e meno discriminazione.

Nel regno funziona che la famiglia degli al Khalifa ha potere di vita e di morte e che domina e amministra l’isola insieme a una minoranza privilegiata sunnita. Il fatto che venga comunemente definita una monarchia costituzionale è abbastanza imbarazzante, visto che la monarchia non è affatto sottomessa alla costituzione, detenendo un potere evidentemente assoluto.

Il re inizialmente sembrò tollerare le grandi adunate alla Rotonda della Perla e promise dialogo, ma dopo pochi giorni esaurì la pazienza e quella che ne è seguita è stata una repressione con pochi paragoni recenti. Un vero esercizio di moderna repressione al quale hanno fornito la consulenza numerosi esperti occidentali, mentre la manodopera mercenaria, come al solito per i paesi del Golfo, è stata reperita in Asia.

Così un brutto giorno gli al Khalifa si sono stancati e hanno fatto sparare su quelli che stavano alla Rotonda della Perla, poi hanno licenziato più di duemila persone, hanno represso l’unico giornale meno dipendente che c’era e hanno persino condannato a 15 anni di carcere i medici che hanno curato i feriti di quel giorno orribile. Non sono mancate alcune condanne a morte, ma si vede che quelli che si stracciavano le vesti per l’iraniana Sakineh erano distratti. I metodi del regime familiare da allora sono cambiati drasticamente in peggio.

Così sono seguiti arresti arbitrari e torture e in soccorso del re sono arrivati mille militari sauditi e centinaia di poliziotti dagli emirati, mentre in Pakistan apparivano annunci di lavoro per ex militari in Manama.

 A quel punto il regime ha abbandonato ogni ritegno e svelato la realtà delirante di questa ennesima enclave feudale creata dagli inglesi nel ventesimo secolo.

Il monumento che decorava la Rotonda della Perla è stato demolito, perché “profanato” dalla protesta, era l’orgoglio dello sceicco e il simbolo dell’emirato, ma la collera dei padroni non si è fermata davanti a nulla. (P.s. nelcorso della demolizione sono rimasti uccisi due operai pakistani, schiacciati com’è finita schiacciata la macchina arancione per il movimento terra che si vede sotto)

Ma non bastava, perché la sua immagine era riprodotta ovunque, allora via anche quella da tutti i luoghi pubblici, una paranoia che è arrivata al ritiro dalla circolazione della moneta da 500 fils, sulla quale era raffigurato il monumento.

Queste monete non esistono più, come non esiste nemmeno più la Rotonda della Perla, i suoi tratti ariosi sono stati cancellati da un incrocio che sembra ed è uno sfregio.

Dopo di che è stato il momento delle moschee degli sciiti, che sono state quasi tutte rase al suolo o ridotte malissimo, come illustra questa mappa.

Questa ad esempio era la moschea di Aali Amir Mohamed Buraighi, vecchia di quattrocento anni e ora disintegrata dalle ruspe.

Tutte cose che non hanno fatto molto notizia in Occidente, dove media straordinariamente distratti quando si arriva agli affari dei paesi del Golfo, hanno potuto contare anche sul rumore degli altri sommovimenti arabi per coprire quello che è accaduto. Niente che però sia sfuggito alla comunità internazionale e infatti il Dipartimento di Stato invitò al sovrano non uccidere i sudditi. Inutile dire che in qualunque altra parte del mondo un tiranno si fosse accanito con le ruspe sulle chiese cristiane, si sarebbe sollevato un putiferio.

Da allora la famiglia reale ha arruolato a capo della polizia un esperto britannico e uno inglese, pagato generose fatture a plotoni di lobbisty americani (e non) e speso una discreta somma in armamenti e mercenari per continuare a reprimere in maniera più “soft” la protesta. Che non si è arrestata nonostante i crimini contro i diritti umani di cui si è macchiato il regime, testimoniati dalla stessa commissione d’inchiesta che aveva istituito per dimostrare che lui non c’entrava

Pubblicati i risultati, la famiglia reale ha promesso che avrebbe provveduto a rimediare e invece ha continuato come prima. In questo ha trovato straordinaria sintonia e complicità con il circo della Formula 1, che l’anno scorso aveva disertato per il clamore delle rivolte arabe e che questa volta non ha voluto mancare i milioni in palio.

Ovviamente durante quest’anno la famiglia regnante non ha trovato difficoltà ad arruolare mercenari per sostituire le truppe saudita,che sono tornate a casa, al di là del ponte che separa l’isola dal continente e nemmeno a procurarsi gli strumenti per la repressione, come il gas lacrimogeno, che dovendo limitare i morti è diventato strumento d’elezione. Dall’altra parte del mare però i fornitori qualche problema l’hanno avuto, così i lacrimogeni di fabbricazione americana e francese

 

Sono stati sostituiti da quelli brasiliani alle prime polemiche

E infine da proiettili anonimi quando queste sono arrivate a Brasilia. Gli uomini del re usano i gas asfissiando interi sobborghi sciiti per intere notti, con ovvie conseguenze nefaste sulla salute di adulti e bambini, visto che non esitano a spararli anche dentro le finestre o a saturare le strade fino a che non penetra nelle abitazioni. Intanto di solito all’esterno si da sfogo ai vandalismi, c’è una discreta serie di video con poliziotti che tirano molotov o distruggono decine di autovetture parcheggiate alla volta.

Per dare un’idea, questa è la quantità di proiettili sparati in una sola notte della settimana del Gran Premio in un sobborgo sciita.

Non deve stupire la grande abbondanza di materiale audiovisivo, il Bahrein telefonini e apparecchi da registrazione sono diffusissimi e il regime non ha potuto chiudere internet senza rendere impraticabile l’attività e la presenza dei lavoratori immigrati, che ammontano a un buon 40% dei residenti.

Tuttavia la disponibilità d’immagini non significa che ci sia molta gente che le distribuisce e le offre alla visione del mondo. Al contrario, come anche i fatti che hanno coronato il transito della Formula1 confermano, è dimostrato un patto implicito fatto d’interessi comuni tra chi sostiene la monarchia e chi controlla buona parte dei media. Per non parlare di note personalità con le quali il re è sempre molto generoso, come i reali britannici e i capi di stato e di governo che hanno la ventura di visitare il regno.

Nonostante la presenza di un numero elevatissimo di giornalisti internazionali dopo un anno di divieti d’ingresso, ben pochi si sono avventurati a riferire di quello che accadeva ed è accaduto. Così il re ed Ecclestone hanno potuto raccontarsela senza contraddittorio e le telecamere sono rimaste per lo più puntate sul percorso di gara. Molti reporter sgraditi sono stati respinti e quei pochi che hanno provato fare i giornalisti se la sono vista brutta. O sono stati espulsi, come la troupe della CNN che ha girato una notturna in compagnia della polizia.

Inutili quindi i roghi di gomme con i quali i manifestanti hanno provato ad innalzare colonne di fumo nero che fossero visibili dall’autodromo blindato e semivuoto, le telecamere non le hanno inquadrate. Così come per un giorno si sono rifiutate d’inquadrare le prove della Force India, la squadra che era rimasta coinvolta nei disordini e che aveva sollevato perplessità rompendo il muro del silenzio. Quando è capitato a quelli della Sauber hanno fatto poco rumore, un dipendente della Williams è stato licenziato perché manifestava paura e contrarietà.

Mentre si correva è stato anche ucciso un ragazzo, l’ennesimo, colpito dall’ennesimo “malore” fatto di fucilate a pallini e pestaggi pesantissimi, all’interno dell’autodromo e dei programmi sportivi in mondovisione non l’ha visto nessuno.

E nessuno ha visto la marcia di quasi cinquantamila persone, pacifiche e ordinatamente divise tra uomini e donne che è finita come al solito dispersa tra nuvole di gas. Fatte le debite proporzioni come se a Roma sfilassero in sei milioni, ma per l’inviato RAI erano “500/1000 teste calde”, nonostante la protesta non abbia mai usato armi o esplosivi e nemmeno accennato azioni aggressive.

L’operazione GranPremio si può considerare un successo per i suoi organizzatori, se si guarda ai grandi numeri e alla tenuta degli affari. Il grottesco circo della Formula1 è riuscito a legittimare il sanguinoso e paranoico tiranno di fronte agli occhi di miliardi di sportivi e persino Jean Todt ha potuto rispondere a chi gli chiedeva delle proteste pronunciando una frase grottesca come: “Dove c’è la democrazia c’è la possibilità di manifestare”.

Il Bahrain ha persino ritirato il suo ambasciatore dalla Siria per protesta contro la repressione, senza che nessuno ci trovasse da ridire o da ridere ed ha superato alla grande persino una mozione di censura e condanna dal Parlamento Europeo, che non ha mai raggiunto i teleschermi. Ci sarebbe anche altro da vedere, a cominciare dal sangue e dai volti delle numerose vittime, dai corpi dei feriti e degli uccisi e dei torturati, fino alle immagini della base della Quinta Flotta americana nell’isola, che assiste il regime fingendo di  rappresentare un baluardo della libertà e dei diritti umani.

E prevedibilmente altro ci sarà da mostrare e da vedere nei giorni e nei mesi che verranno, che non s’annunciano meno tesi e tetri per gli abitanti del Bahrein.

Pubblicato in Giornalettismo

P.S. Per gli scettici a oltranza e gli amanti dei formalismi, c’è il rapporto della stessa commissione patrocinata dal governo che conferma, elencando e certificando una serie di azioni che, se compiute in altri paesi, avrebbero già scatenato denunce tonanti e accuse di crimini contro l’umanità.

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