Obama, peggio di Bush per i diritti civili e umani

Posted on 9 febbraio 2012

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Anche in Giornalettismo.


Se c’era una cosa che gli elettori di Obama si aspettavano dal presidente democratico che metteva fine all’era Bush, era un impulso per il rispetto delle libertà civili e dei diritti umani e costituzionali.

Proprio su questo sono andati terribilmente delusi, perché Obama non ha spinto per alcun passo avanti e in più di un’occasione è andato oltre quanto prodotto dalle amministrazioni Bush, aggiungendo nuove lesioni ai diritti degli americani. La politica di Obama in questo senso non si distingue da quella di Bush, se non per il fatto che prima tali attacchi alla costituzione e al diritto consolidato venivano accolti con grande scandalo e oggi passano tra un fiato repubblicano e un mugugno democratico.

Gli americani che hanno votato per Obama hanno scoperto che il presidente e il suo partito non sono un’alternativa ai repubblicani quando s’arriva al rispetto dei diritti dei cittadini americani o di altri paesi. Eppure Obama è arrivato alla vittoria sulle ali del sostegno delle associazioni per i diritti civili, di quelle contro la guerra, della “sinistra” libertaria americana e ora si trova paradossalmente ad alimentare la retorica della destra estrema che vede crede che “il governo federale rappresenta una minaccia immediata ai diritti e alle libertà individuali”. Un’opinione non più tanto estrema, se in un sondaggio Gallup è stata condivisa dal 49% degli intervistati e se parecchi consigli comunali si sono espressi contro la recente approvazione del NDAA (National Defense Authorization Act), il documento di bilancio che contiene il rinnovo del Patrioct Act e altre disposizioni molto controverse.

Si parte dall’assassinio di cittadini americani, per il quale Obama come Bush si è riservato il diritto di ordinare l’uccisione, ovunque nel mondo, di un cittadino americano considerato terrorista o in aiuto al terrorismo. Con la stessa logica qualunque governo sarebbe autorizzato ad uccidere i suoi cittadini senza dover rendere conto a nessuno, ma l’amministrazione americana si è riservata altri privilegi, come quello di poter decidere di detenere lo stesso genere di persone a tempo indeterminato e senza processo.

Un processo che avranno solo se Obama decide che lo possono avere e se sarà in un tribunale civile o davanti a una corte militare. Un sistema ridicolizzato dagli esperti di diritto perché manca di fornire le minime garanzie processuali alle vittime di queste parodie di giudizio. Vittime come i cittadini americani spiati dalle agenzie governative, che ogni giorno intercettano e archiviano 1,7 miliardi di mail, tanto per rendere l’idea delle dimensioni di “Secret America” , come il Washington Post ha battezzato in una storica serie d’inchieste  l’enorme apparato spionistico messo in piedi sotto le amministrazioni Bush. Oltre un milione di persone per combattere un esercito di qualche migliaia di terroristi che non metteranno mai piede sul suolo americano, inevitabile che finiscano per spiare gli americani o per “provocare” potenziali terroristi fino a che non trovano qualche disadattato che ci casca.

Ma il meglio sono le prove segrete, così si chiamano prove che vengono annunciate, ma non esibite in giudizio e che i giudici delle corti militari devono prendere sulla fiducia, così come sulla fiducia devono prendere “i pareri legali segreti” (nemmeno Bunuel) e rigettare ogni denuncia contro il governo degli Stati Uniti non appena questi invii loro una lettera nella quale dichiara che la trattazione di quel giudizio danneggia la sicurezza nazionale.  Fine dei giochi e campo libero anche per i crimini di guerra o per processare americani cattivi, come Bradley Manning che forse ha passato i file a Wikileaks o come i cinque dipendenti della CIA che hanno denunciato pratiche illegali dell’agenzia e che ora si trovano sottoposti a un regime del genere e accusati di essere traditori.


Traditori perché hanno denunciato crimini di guerra, come il waterboarding, per poi scoprire che l’amministrazione Obama, pur riconoscendo che si tratta di tortura si oppone all’incriminazione di chi l’ha autorizzata e garantisce l’immunità a chi l’ha praticata, usando l’argomento del “ubbidiva agli ordini” che fu giustamente rifiutato al processo di Norimberga e in tutta la giurisprudenza successiva. Un’immunità garantita anche alle aziende che collaborano in questi che sono veri e propri reati, intercettando le comunicazioni, fornendo dati finanziari o altro.

Parodie di giustizia e regole assurde che sono giustamente condannate nell’annuale rapporto sul terrorismo o in quello sull’avanzamento e lo sviluppo della democrazia e dei diritti umani, con i quali ogni anno gli Stati Uniti compilano la pagella valida per gli altri paesi, ma si tratta appunto di condanne che valgono per gli altri, perché l’amministrazione americana non si fa giudicare da nessuno, nemmeno quando usa metodi da regime sovietico e fa stracci della stessa costituzione americana con la scusa di dover combattere quattro estremisti religiosi.

Da una situazione del genere sembra trarne vantaggio politico solo Ron Paul, che però è un candidato repubblicano con poche speranze di arrivare a sfidare Obama, i suoi più quotati concorrenti sembrano promettere peggio e quindi per le prossime presidenziali gli americani che hanno a cuore i diritti civili e umani si troveranno di fatto senza un candidato alla presidenza e senza un partito che si oppongano allo strazio dei diritti al quale hanno assistito gli americani dal 2001 in poi. La speranza per Obama è che finiscano per votare il meno peggio o nel credere che nel secondo mandato assisteranno finalmente al “change” promesso, confidando sul fatto che al secondo mandato il presidente non deve puntare alla rielezione ed è libero di provare a lasciare una traccia significativa nella storia del paese. Sperando che non si tratti di un’altra cicatrice.