Ci sono parecchi motivi per i quali, pur scrivendo da anni e ricavandone spesso una retribuzione, non mi sono mai iscritto all’elenco dei pubblicisti. E molti di questi hanno a che fare con l’esistenza stessa dell’elenco e dell’Ordine dei Giornalisti, un ente pubblico costituito per sovraintendere l’esercizio di questa professione. Per chi mi legge sono un giornalista, appena varco la frontiera sono un giornalista, ma per la legge italiana in quanto tale non esisto senza che l’Ordine lo certifichi.
Si tratta di un’istituzione che non esiste in nessun paese europeo, creata come gli altri ordini durante il fascismo per controllarne i membri, non certo per proteggerli. Con la caduta del fascismo, come tutti gli ordini, anche quello dei giornalisti ha dovuto reinventarsi e questo processo è terminato nella costituzione di un carrozzone assistenziale che premia i vicini e ignora i lontani, unico nel suo genere.
L’esistenza di un Ordine pare in teoria affermare che per fare il giornalista con coscienza e onestà serva la patente, ma la storia e la cronaca ci raccontano invece di giornalismi criminali che l’Ordine non persegue o non è in grado di perseguire, nonostante i suoi protagonisti abbiano la patente richiesta e nonostante facciano strage di codici etici e persino della decenza. Per non parlare dello stato pietoso dell’informazione in generale o di discutibili pratiche quali i corsi a pagamento per diventare giornalisti, che si sono presto ridotti a fonte di reddito per alcuni, anche qui tra i più amici degli amici e con la benedizione dell’Ordine.
Non stupisce quindi che la lobby dei giornalisti con la patente abbia ignorato il passaggio in Parlamento che ha determinato l’abolizione dell’elenco dei pubblicisti, trattandosi d’innovazioni che non danneggiano, ma semmai coprono le spalle ai giornalisti patentati, anche se non fanno i giornalisti. Un’ottima maniera di coprire le spalle agli editori, che ora non avranno più a che fare con pubblicisti titolari di ben pochi diritti, ma con gente che per l’Ordine non esiste e quindi non è meritevole di alcuna tutela.
Lo hanno fatto in silenzio, perché questa piccola novità che riguarda decine di migliaia di lavoratori del settore non è stata per niente dibattuta dai media, ma infilata in un decreto “anticrisi” insieme a un’insalata di altre norme, che più che a tamponare la crisi sembrano intese ad approfittarne, è stata bellamente ignorata. Tanto che in queste ore si moltiplicano gli allarmi e le richieste di chiarimenti.
E lo hanno fatto ovviamente senza introdurre alcuna previsione a tutela di quanti riempiono le redazioni lavorando in condizioni sempre più degradanti e con retribuzioni che spesso rappresentano un insulto, che s’aggiunge a una situazione già disastrosa e molto diversa da quella che, per gli altri ordini professionali, identifica un praticantato propedeutico alla professione, che nel giornalismo è appunto incarnato dalla figura del praticante.
Chi ha cercato di capirci qualcosa ha ricevuto risposte francamente imbarazzanti, soprattutto perché da tempo la definizione dei giornalisti professionisti secondo la legge ( “coloro che esercitano in modo esclusivo e continuativo la professione di giornalista”) veste più fedelmente buona parte dei pubblicisti che dei professionisti, che in grandi numeri si dedicano anche e soprattutto ad altro (politica, spettacolo, uffici stampa) senza tuttavia uscire o essere cacciati da un ordine nella media abbastanza generoso con i suoi iscritti.
Gente che non scrive “in modo esclusivo e continuativo” da anni e anni ed è ancora iscritta all’Ordine, ne gode i benefici e nessuno ci trova da ridire. Che poi molti di questi giornalisti per finta campino anche di politica, spiega bene per quali nobili motivi governo e parlamento siano giunti a una determinazione del genere.
L’accoglimento nel seno dell’Ordine degli addetti-stampa, deciso qualche anno addietro per rimpolpare le casse della relativa previdenza, determina poi la curiosa situazione per la quale l’Ordine ha riconosciuto la qualifica di giornalista a persone che non praticano il giornalismo, ma un’altra attività, del tutto diversa. Con il paradossale risultato che vede la gran parte dei giornalisti riconosciuti come tali che non praticano il giornalismo, mentre la gran parte dei giornalisti professionisti viene classificata come pubblicista, classificazione ora per di più destinata a svanire nel nulla.
Le migliaia di precari che lavorano da anni per una redazione in maniera esclusiva, retribuiti con una miseria e in condizione di semi-clandestinità, perché da qualche anno la legge vieta loro persino di mettere piede in redazione, non godono di alcuna tutela e ancora meno considerazione se è vero, com’è vero, che la disgrazia che si sta per abbattere sui pubblicisti giunge quasi inaspettata.
Che i pubblicisti siano giornalisti e anche professionisti lo ammette lo stesso Consiglio nazionale, che in ottobre scriveva al Ministero della Giustizia: “Il riferimento all’art. 33 della Costituzione, qualora dovesse restare esclusivo per quanto concerne l’accesso, priverebbe l’Albo dei Giornalisti dalla presenza della componente professionale dei pubblicisti, il cui elenco, unitamente a quello dei professionisti che hanno superato l’esame di Stato, ne costituisce l’ossatura.” Si scrive al Ministro di Giustizia perché l’ordine fu sottoposto alle sue amorevoli cure da Mussolini e da allora nessuno ha dato peso a questa anomalia, che in altri paesi sarebbe inconcepibile.
A questi professionisti, che spesso lavorano da anni, la legge prescrive ora “percorsi formativi professionalizzanti” da dettagliare poi, ma non è difficile immaginare che i grandi editori avranno difficoltà ad organizzarne persino per i praticanti e che per i piccoli editori la novità si tradurrà nell’ennesima penalizzazione a favore dei grandi del settore.
Il tutto per conservare l’anacronismo burocratico dell’ordine professionale, ingrassato dai nuovi “consigli di disciplina” di fresca costituzione, scavando un baratro tra i già tutelati dall’Ordine e tra quanti vedranno il proprio lavoro e la propria professionalità cancellati per legge e ora dovranno affrontare nuove prove, frapposte fra la loro realtà e l’ambita qualifica, senza la quale non sarà loro possibile lavorare.
La tipica finta riforma berlusconiana, che ora il governo Monti dovrebbe correggere in qualche maniera, se solo qualcuno gli facesse notare questo problemino che riguarda decine di migliaia di lavoratori e le loro famiglie. Ma i giornalisti con la patente non hanno sposato la causa dei colleghi meno fortunati e ancora meno lo hanno fatto gli editori, che dal loro plateale sfruttamento traggono guadagno. Così regna un silenzio rotto solo dalle preoccupazioni di qualche pubblicista inquieto. E nessuno ha visto mobilitazioni o clamorose iniziative del sindacato dei giornalisti, storicamente poco sensibile alle disgrazie dei pubbllicisti.
Allo stesso modo giornalisti ed editori non coinvolti, pur ricevendo a loro volta sostanziosi contributi pubblici, non si sono certo preoccupati di correre in soccorso di testate storiche alle quali simili contributi sono stati tolti perché considerate “di partito”. Come se nel nostro paese non esistessero tanti giornali “di partito” travestiti da altro e come se il provvedimento non si risolvesse in un rafforzamento delle grandi concentrazioni editoriali e della loro capacità omologante. E nello spegnimento di voci che hanno contribuito e contribuiscono a fare la storia di questo paese.
La sintonia tra governo Berlusconi, gli editori e la grande maggioranza dei giornalisti su questi provvedimenti è stata evidente, così com’è evidente che non si tratti di provvedimenti “contro la crisi”, ma contro i poveri cristi, come già il macello sulle pensioni o il tentativo di sabotare quel che rimane dello Statuto dei Lavoratori e dei relativi diritti riconosciuti a suo tempo ai prestatori d’opera.
Quale che sia la soluzione che spunterà dal cilindro del governo Monti, difficilmente impedirà agli editori di continuare ad attingere selvaggiamente al precariato, sfruttando magari schiere di novelli “praticanti”, e sicuramente non porterà all’unica soluzione accettabile: la dissoluzione dell’Ordine e dell’Albo dei giornalisti. Un provvedimento che spazzerebbe via un baraccone del quale fanno tranquillamente a meno tutti i paesi europei, nei quali giornalista è chi fa il giornalista.
Senza alcun bisogno di esami, senza ordini parassiti, sei giornalista se lavori come giornalista, se ti pagano per fare il giornalista non hai bisogno di altro per essere riconosciuto come tale. Funziona così in tutte le democrazie avanzate, solo in Italia una classe di giornalisti vecchi e attaccati ai propri privilegi continua a riproporre nel 2000 una assetto del giornalismo concepito negli anni ’20 della dittatura mussoliniana, con bollini, esami, patenti e percorsi formativi obbligatori ridicoli prima ancora che inutili, visto che nessun giornalista opera in solitudine e tutti pubblicano sotto la supervisione di un direttore e di una testata, assicurando che non manchi la “responsabilità” anche in assenza di patenti.
Una realtà di fronte alla quale anche le recenti riflessioni di Del Boca si dimostrano per quello che sono: balle a difesa della categoria. Nessuno può credere davvero che: “Un medico o un avvocato non possono esercitare le loro professioni senza fornire garanzie ai propri clienti. Allo stesso modo un giornalista deve poter dare alla persona alla quale si rivolge – sia esso un lettore, un radioascoltatore, un telespettatore – la garanzia che quello che gli comunica è la verità al massimo delle sue possibilità”.
E ancora meno che l’Ordine sia in grado di fornire una garanzia del genere, che è ridicolo, ancora di più alla luce dell’esperienza italiana, che semmai dovrebbe consigliare un prudente e dignitoso silenzio agli esponenti dell’Ordine, in mancanza di capacità o volontà di una seppur minima autocritica.
Davvero difficile accogliere positivamente questa novità, che assomiglia più a un favore ad una delle lobby (o caste) più influenti del paese, che ad un passo avanti verso un giornalismo migliore e un paese più moderno. Probabilmente nei prossimi mesi qualcuno ci metterà una pezza, almeno per limitare i danni per i già iscritti all’elenco dei pubblicisti, ma non è un bel vedere e nessuno degli attori coinvolti ci fa una bella figura.
L’informazione in Italia continuerà a lungo ad essere ostaggio di corporazioni, poteri e personaggi che tutto hanno in mente tranne l’interesse collettivo e il bene pubblico. L’importante è saperlo e tenerlo in mente quando si consumano i prodotti “garantiti” dall’Ordine.
iurimoscardi
29 dicembre 2011
Condivido appieno. Purtroppo la connivenza – identificazione tra diversi interessi – che sembra regnare dappertutto in Italia impedirà una soluzione positiva per i pubblicisti.
Che palle essere giovani e avere delle ambizioni…
"Mi piace""Mi piace"
angela
29 dicembre 2011
Condivido …avvilita!
Ma questo è il regalo per l’anno nuovo?
Ma in che modo questo è anticrisi?
Non ce la faccio più!
"Mi piace""Mi piace"
iurimoscardi
29 dicembre 2011
La cosa davvero mortificante, quella che ti taglia le gambe, è sapere che oltre a incazzarti non puoi arrivare a niente. Non ti ascoltano proprio. E allora dopo un po’ che continui a ripetere le stesse cose ti accorgi che non ne vale quasi più la pena: loro non ti ascoltano e tu rischi di diventare un populista. Bleah.
"Mi piace""Mi piace"
angela
29 dicembre 2011
ma perchè non tolgono l’ordine punto e basta?
vabbè non mi far diventare populista:)
"Mi piace""Mi piace"
Franco
29 dicembre 2011
Non so per altri, ma per me sei un GRAN giornalista e una risorsa per il giornalismo italiano!
"Mi piace""Mi piace"
iurimoscardi
29 dicembre 2011
angela, credo che l’obiettivo sia quello di eliminare l’ordine in un tentativo di liberalizzazione. Solo che, invece di togliere una categoria aprendo l’accesso alla professione da parte di tutti, mantiene delle modalità d’ingresso (gli esami di Stato) che non solo penalizzano i pubblicisti ma che non liberalizzano niente. Anche perché, se finora diventare pubblicisti era un’impresa, adesso diventa quasi un’utopia.
"Mi piace""Mi piace"
antoniomenna
29 dicembre 2011
Condivido. Io sono favorevole all’abolizione dell’elenco pubblicisti. Non ho mai capisco cosa significhi essere pubblicisti. E lo sono da 20 anni. Mi sono sempre sentito giornalista. Perché dovrei essere pubblicista? Che significa? E perché dovrei stare nello stesso elenco di gente che si è fatta firmare una trentina di pezzi ed esibisce il tesserino da pubblicista come fosse quello del Rotary? Lo aboliscano pure l’elenco dei pubblicisti. E mi dichiarino giornalista, anche se nessuno mi ha mai regalato un praticantato. E non me lo sono potuto comprare con un master. E devo fare mille altre cose, insieme al MIO mestiere, per pagarmi l’affitto. Sono e resterò giornalista, anche se l’Ordine dirà il contrario.
"Mi piace""Mi piace"
aldo frezza
29 dicembre 2011
Condivido pienamente tutto quello che scrivi, Mazzetta.
Aboliamo completamente l’ordine, a questo punto, che oltre a non esistere in nessun altro paese in Europa (forse anche nel mondo, questo non lo so), non sa tutelare nemmeno la maggioranza dei suoi iscritti (salvo chiedere la quota, e senza distinguere se sei professionista o giornalista, a quel punto!).
"Mi piace""Mi piace"
icittadiniprimaditutto
29 dicembre 2011
Reblogged this on i cittadini prima di tutto.
"Mi piace""Mi piace"
Sandro Storri
29 dicembre 2011
Il silenzio della casta dei giornalisti professionisti non stupisce. Compromessi come sono con il potere dell’oligarchia che governa questo paese difficilmente solleveranno il problema. L’obiettivo e’ chiaro. Creare piu’ zone d’ombra possibili. Come lo stanno facendo con i giornalisti lo stanno anche facendo con i contratti di lavoro, i sindacati, le associazioni. Nelle zone d’ombra si pesca meglio, si sfutta meglio, si arresta meglio quando qualcuno e’ scomodo.
Rimane l’unica strada dell’informazione online autogestita, su server esteri. Probabilmente l’unica informazione indipendente rimasta in Italia.
"Mi piace""Mi piace"
Alessandro De Simone
29 dicembre 2011
Io scrivo dal 1998 di cinema, ho pubblicato su giornali importantissimi, non ho mai voluto prendere il tesserino da pubblicista, cosa che mi ha sempre penalizzato a scapito di incompetenti ben introdotti.
E va bene così, se permettete. Non scrivo meglio perché ho una tessera punti, se sono bravo o meno lo decidono i lettori e quelli che mi danno da lavorare.
Senza essere populisti: l’Ordine dei giornalisti andrebbe abolito, trovando comunque una maniera per chi fa il giornalista sul serio, tutti giorni, di essere tutelato, economicamente e previdenzialmente. Io dal settembre del 1998 ho pubblicato almeno un pezzo al giorno. E sottolineo almeno. E questo non farebbe di me un giornalista?
In America probabilmente sarei il caporedattore del New York Times, qui faccio il precario.
———
EDIT mazzetta: mi sono permesso di apportare qui le correzioni che hai segnalato
"Mi piace""Mi piace"
Franco
29 dicembre 2011
http://www.dagospia.com/rubrica-2/media_e_tv/pubblicisti-fuorilegge-le-liberalizzazioni-di-goldmonti-produrranno-un-effetto-allucinante-ovvero-la-cancellazione-non-33802.htm#Scene_1
è arrivato anche Dagospia
"Mi piace""Mi piace"
mad283
29 dicembre 2011
Applausi!
"Mi piace""Mi piace"
Vincenzo267
29 dicembre 2011
Io sono per l’abolizione dell’albo dei giornalisti in se
"Mi piace""Mi piace"
gianfranco
29 dicembre 2011
In realtà per poter scrivere non occorre essere iscritti all’Ordine, ma purtroppo per poter portare avanti una testata indipendente occorre comunque un direttore responsabili ovvero un iscritto all’Ordine indipendentemente che sia pubblicista o professionista.
Bene eliminare l’Ordine e dare la possibilità a tutti di dirigere un giornale.
"Mi piace""Mi piace"
mazzetta
29 dicembre 2011
in realtà tra le nuove disposizioni c’è anche ventilato l’esercizio abusivo della professione, che scatterebbe dopo il decimo articolo pubblicato, ma è una stronzata così enorme che difficilmente sarà iterata, per questo ho sorvolato
"Mi piace""Mi piace"
sydbarrett76
30 dicembre 2011
perchè limitarsi ai pubbliciti? devono morire più o meno anche tutti gli altri
comunque se uno non sapesse che Libero è un giornale “serio”, a guardare le copertine potrebbe pensare che è uno spin-off di Cuore…
"Mi piace""Mi piace"
massimo
2 gennaio 2012
Ricordo quando ormai una decina di anni fa presi la tessera da pubblicista.
Fu un misto di gioia e giovanile orgoglio.
Mi vennero i primi dubbi quando, al momento del ritiro, sulla ricevuta compariva una cosa tipo “tessera similpelle 6,90 euri”.
A 10 anni di distanza la tessera da pubblicista mi ha salvato il culo in almeno un paio di occasioni durante casini piuttosto pericolosi (non in Italia ovviamente , qui una volta esibendo la tessera ne ho prese il doppio). Ma ogni gennaio, dunque anche in queste ore, maledico il mondo per cento euro che devo pagare per il bollino che attesta che.
3 anni fa ho finalmente deciso di fare il grande passo: praticantato ed esame (che come diceva la mia nonna: studia che quando diventi grande ti serve), ma vuoi perchè lavoro, vuoi per qualche sfiga di salute, vuoi perchè fare l’esme costa quasi un mese del mio misero stipendio aeranti-corallo ho sempre rimandato, e al 20 dicembre l’ordine mi comunica che non sono più praticante e se voglio fare l’esame devo rifare tutto.
Sogno, fin dal fallito referendum, l’abolizione dell’ordine. Il mio odio è sempre più cresciuto.
Sono all’apice e adesso arrvia pure questa stronzata, con delle reazioni dei “miei” presidenti e sindacati che gridano vendetta.
Parole sante le tue, Mazzetta.
Ma tra tutto, la cosa che mi sta ancora sullo stomaco più di altre, è la tessera in similpelle da 6,90 che mi hanno fatto pagare. Che da quel giorno, per me, è il simbolo più rappresentativo di quersto paese.
"Mi piace""Mi piace"
marina rossi
6 gennaio 2012
più che altro perdere i pubblicisti secca molto agli OdG perchè perderebbero quel sostanzioso 70% di introito dovutogli proprio dagli iscritti all’Elenco (basti pensare che in Italia su 100.000 giornalisti ben 70.000 sono pubblicisti….e che l’iscrizione per il 2012 è arrivata a 100 euro!!). per non parlare della Gestione Separata…
"Mi piace""Mi piace"
anna
18 gennaio 2012
salve scrivo da ben 11 anni tutti i giorni su di un quotidiano per un rimborso spese che non rimborsa nulla, la mia media è 4-5 articoli al giorno , fortunatamente insegno (sono laureata in lettere), e quindi ho da vivere. Il giornalismo per me è una passione, altrimenti non scriverei. In tutto questo tempo non ho mai preso il patentino da pubblicista. Perché? Non pensavo fosse così importante anche perché con la somma che mi pagavano ci avrei rimesso. Ebbene oggi insieme a me tanti tanti altri ‘giornalisti di fatto’ appenderanno la penna al chiodo. Ebbene è uno schifo! Sfruttati, querelati (come i veri giornalisti), mazziati e adesso defenestrati. Complimenti MOnti sei un genio! Non pensavo bisognasse frequentare la bOCCONI invece che la Sapienza per avere queste belle trovate. Infine,: sapete cosa vi dico ritroverò la mia libertà, avrò tempo per leggere tutti quei libri che non ho letto e tanto altro. Ma tutti i quotidiani che hanno sfruttato la nostra opera, adesso senza corrispondenti che corrono a prescindere dall’ora, sul posto dell’accaduto, che subiscono ore ed ore di conferenze e sproloqui cosa faranno? LO so: useranno i comunicati stampa. Buon giornalismo a tutti, se è così festeggerò la fine di questa ‘laida’ carriera con un brindisi insieme agli amici, in riva al mare, senza guardare continuamente l’orologio e lasciarli, perché mi chiamano al cellulare o perché devo scrivere. BUON GIORNALISMO A TUTTI!!!
"Mi piace""Mi piace"
Lidia Zitara
31 gennaio 2012
Mi hai letto nel pensiero: posso citare qui un mio articolo in proposito? nel caso fosse ritenuto inopportuno, cancellalo pure.
Grazie
P.S. tra l’altro ti ho fregato una foto.
http://giardinaggioirregolare.com/2012/01/31/il-mestiere-del-pubblicista-oggi/
"Mi piace""Mi piace"
mazzetta
31 gennaio 2012
nessun problema, figurarsi… :D
"Mi piace""Mi piace"