I bombardieri che vendiamo di nascosto

Posted on 16 marzo 2012

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Un’analisi delle recente commessa israeliano per 30 Aermacchi M-346, si presta a diverse considerazioni e solleva numerosi interrogativi

L’azienda italiana ha battuto la concorrenza della Corea del Sud nella fornitura di aerei d’addestramento, che non l’ha presa bene e ha denunciato opacità nella trattativa, ma il prodotto italiano offre davvero qualcosa di più

Sull’opacità della trattativa non ci sono dubbi, ma affari del genere raramente sono combinati con gare d’appalto trasparenti. Opacità che invece meriterebbe di essere diradata, perché al di là del fatto che l’affare coinvolga due paesi noti per la familiarità con la corruzione, ci sono parecchi punti dell’accordo che permangono oscuri e quello che invece è chiaro non rassicura.

Con l’accordo l’Italia s’impegna ad acquistare non meglio specificati prodotti dell’industria bellica israeliana per un uguale importo. Non mancano gli articoli da scegliere dal catalogo israeliano, che già rifornisce abbondantemente il nostro paese, che con Israele ha già all’attivo numerose joint venture e collaborazioni nel settore militare, le voci più accreditate parlano di droni, di aerei Gulfstream equipaggiati per la guerra elettronica  e di un satellite per la sorveglianza battezzato Ofeq. Ma le perplessità non riguardano tanto la congruità dei prezzi che saranno praticati o l’utilità dei futuri acquisti, quanto il fatto che, come dimostra anche l’accoglienza di questo accordo da parte dei media e della politica, non è ben chiaro cosa stiamo vendendo, come lo stiamo vendendo e a chi.


Si tratta di un moderno velivolo per l’addestramento dei piloti ai caccia di quarta e quinta generazione, nato inizialmente da una joint venture tra la russa Yakovlev e l’azienda italiana e poi sviluppato separatamente in Russia e in Italia una volta che nel 1999 le due aziende si sono separate per divergenze sulla configurazione definitiva del progetto.

I Russi hanno completato e commercializzato lo Yak-30, destinato a sostituire i velivoli per l’addestramento al volo con i Sukhoi e i Mig russi, in patria come presso gli stati-cliente quali Algeria e Libia, che ne hanno già ordinato alcuni esemplari.

La versione italiana si propone come più versatile e rivolta a una fascia di mercato molto più ampia, perché il suo velivolo offre una somiglianza dell’avionica e dell’ambiente con i più diffusi aerei occidentali, gli americani F-15 ed F-16 e l’europeo Eurofighter, con i quali condivide una discreta parte dei sistemi di volo. L’addestratore coreano T-50 invece sarebbe indicato soprattutto come approccio allo F-16, almeno stando alle parole degli esperti israeliani che hanno testato le caratteristiche delle due macchine.

Israele ha bisogno di macchine del genere, i vecchi addestratori hanno ormai una quarantina d’anni e una distanza tecnica siderale dagli aerei che poi i novelli piloti saranno chiamati a padroneggiare. I coreani tuttavia ci sono rimasti male perché s’offrivano d’acquistare prodotti israeliani per una cifra del 60% superiore e a loro sembrava un’offerta migliore, ma che evidentemente non ha aveva tutti i numeri per farsi preferire, pur se anche l’aereo coreano può godere dei finanziamenti americani per l’export ad Israele in quanto costruito da una società partecipata da capitali americani, così come l’Aermacchi rientra nella categoria in quanto dotato di due motori americani Honeywell F124 e di altre arti made in the USA.

Ma lo M-346 ha un’altra freccia al suo arco, sottolineata in tutti i comunicati ufficiali quanto sottovalutata dai commentatori. Dice la pubblicità che “rappresenta la piattaforma ideale per un sistema integrato d’addestramento di ultima generazione, configurabile anche per ruoli operativi come velivolo da difesa avanzato a costi contenuti (Affordable Advanced Defence Aircraft)”.

Tradotto, significa che l’aereo è pronto ad essere impiegato anche come bombardiere, che è anzi un bombardiere low-cost ma perfettamente equiparabile ai molto più grandi e costosi fratelli alla guida dei quali dovrebbe addestrare i piloti. Lo M-346 è più piccolo e meno performante degli aerei da guerra di ultima generazione, ma può procurare esattamente gli stessi danni.

L’aereo è dotato di ben nove piloni per agganciarvi una vasta gamma di missili e bombe, che sono più o meno le stesse che vanno sui fratelli maggiori e sono quelle che fanno la pericolosità dell’aereo. Il concorrente coreano ne ha solo tre, il gemello russo sei.

Una caratteristica che insieme a un’avionica moderna e di prima classe rende sicuramente interessante l’aereo per i paesi con scarsa capacità di spesa, ma in definitiva anche per molti di quelli che possono sfoggiare i migliori modelli in circolazione, che da acquistare, mantenere e far volare costano cifre elevatissime. Sono più piccoli, un po’ meno prestanti, portano un carico bellico inferiore (comunque  più che sufficiente a distruggere qualsiasi obiettivo), ma costano da un quarto a un decimo degli aerei da guerra “veri” sul mercato all’acquisto e circa un terzo di manutenzione.

Se impiegato contro obiettivi che non siano difesi da un’aviazione militare di un certo livello (e al mondo ce ne sono pochissime) o da sofisticati sistemi antiaerei (idem) lo M-346 è perfettamente in grado di recapitare un missile o una bomba come sono capaci di fare gli aerei più prestanti e costosi. Nel caso d’Israele gli M-346 potrebbero essere tranquillamente usati per bombardare senza alcun problema Gaza, il Libano e anche più in là, con i missili e le bombe già a disposizione dell’aviazione israeliana .

Il che conduce al vero problema rappresentato dalla vendite dello M-346, perché c’è una legge, la 185 del 1990, che vieta le esportazioni di armi o sistemi d’arma ai paesi belligeranti o ai paesi i cui governi siano responsabili di gravi violazioni delle convenzioni sui diritti umani e addirittura quell “la cui politica contrasti con i principi dell’articolo 11 della Costituzione”. Un divieto al quale potrebbe forse sfuggire una aereo poco versato per la guerra come quello coreano, perché in fondo tutti i velivoli possono portare un certo carico bellico con modifiche relativamente semplici, ma non certo un aereo che la nostra stessa industria promuove per questa sua flessibilità d’impiego come caccia-bombardiere low-cost. Un aereo che è sicuramente classificabile tra gli “aeromobili ed elicotteri e relativi equipaggiamenti appositamente costruiti per uso militare”.

E se si può pensare che Israele rappresenti un paese che i nostri politici e funzionari non  riconoscono tra quei casi per una miopia in qualche modo motivata dall’intreccio d’interessi industriali nel settore tra i due paesi e gli Stati Uniti e dal sonoro ed acritico sostegno politico ad Israele che si affermato nell’ultimo decennio, è invece da escludere altrettanto per gli Emirati Arabi Uniti, ai quali abbiamo venduto altri 48 velivoli in diverse versioni.

Che gli Emirati Arabi Uniti siano un paese nel quale i diritti umani sono un optional per pochi è fuor di dubbio. Che si tratti di una monarchia assoluta lo è altrettanto e che quegli aerei possano essere usati per difendere il paese da un’aggressione è del tutto fuori questione. Mentre sarebbe da discutere la corsa all’aviazione militare nella Penisola Arabica, dove l’insieme delle monarchie potrebbe presto arrivare a contare un numero molto elevato di aerei moderni ed efficaci, senza che nessuna esigenza reale o confessabile giustifichi questa improvvisa corsa agli armamenti in paesi che partecipano attivamente alle rivolte arabe sostenendo con i loro interventi militari e con i loro finanziamenti l’avanzata dell’estremismo islamico nei paesi arabi fino a ieri più laici.

Considerazioni che s’imporranno anche per tutti i paesi futuri clienti dello M-346 in qualsiasi parte del mondo, perché le aziende italiane le armi a certi paesi non le possono vendere senza violare platealmente legge italiana. Un considerazione che potrebbe ridurre le rosee previsioni di mercato, ma che non possono essere evase ignorandole o rimandando la loro definizione, pena ritrovarsi con accordi da miliardi di dollari messi in discussione dai tribunali italiani e qualche dirigente di Aermacchi alla sbarra. Perché nessuno può credere che basti parlare di aerei da addestramento per nascondere sotto il tappeto una questione del genere e aggirare il divieto facendo finta che non riguardi le vendite di questa macchina da guerra.

Pubblicato in Giornalettismo